Vent’anni fa decisi di buttarmi in un’avventura che mi avrebbe cambiato per sempre: mi candidai alle elezioni regionali in Campania.
Avevo in testa un’idea semplice e forse ingenua: la politica come servizio, come bene comune. Ricordo ancora l’emozione del porta a porta, i visi curiosi che si affacciavano all’uscio, le mani strette, le parole di incoraggiamento. Sentivo di portare un messaggio diverso, pulito.
Ma presto mi accorsi che non era così facile. La politica locale, dalle mie parti, spesso si intreccia con logiche che nulla hanno a che vedere con il bene della comunità. Collusioni, interessi, ricatti silenziosi: era come nuotare in una vasca piena di squali. Io che sognavo la “cosa pubblica” come un bene da custodire, mi ritrovai a misurarmi con un sistema che troppo spesso la usa come merce di scambio.
Eppure, nonostante tutto, riuscì ad arrivarmi un segnale forte: tante persone scelsero di darmi fiducia. Un bel numero di voti che per me significavano una cosa sola — la gente per bene esiste. C’è chi vuole credere nell’onestà, chi non si piega al ricatto, chi non cerca la scorciatoia. Quel risultato, al di là della vittoria o della sconfitta, è stato la mia più grande conquista.
Tra i tanti messaggi che lanciai in quella campagna elettorale, uno mi è rimasto dentro più di tutti: quello sulla sanità. All’epoca era emerso uno studio che mostrava come in Campania l’incidenza dei tumori fosse più alta del 350% rispetto ad altre zone d’Italia, a causa dei rifiuti tossici sversati illegalmente, con la complicità della camorra e di una classe politica senza un briciolo di coscienza.
Parlarne allora era quasi un tabù: un velo di omertà copriva tutto, e chi provava a denunciare veniva isolato o deriso. Io decisi di non tacere. Oggi si parla di “Terra dei Fuochi”, ma vent’anni fa c’era chi preferiva girarsi dall’altra parte. Molti di quei politici si sono riciclati, hanno cambiato casacca, approfittando dell’oblio e della mancanza di memoria collettiva.
Perché qui la politica è ovunque. Decide se avrai un letto in ospedale, se tuo figlio potrà studiare, se troverai un lavoro. È un potere che plasma la vita di tutti, e che spesso imprigiona. Ognuno ha un vincolo, un favore da chiedere, un abuso da sanare. Essere liberi, davvero liberi, è difficilissimo.
Io, però, resto un inguaribile ottimista. Quell’esperienza mi ha insegnato molto, soprattutto una verità scomoda: davanti agli interessi personali, troppi rinunciano al bene comune. Ma ho visto anche che c’è chi resiste, chi non accetta compromessi, chi ancora crede in un futuro diverso.
A loro continuo a pensare. A loro dedico la mia speranza. Perché, nonostante tutto, io ci credo ancora: un’altra politica è possibile.
🎶 E proprio a quell’esperienza devo anche una canzone che scrissi, un grido d’amore e di ribellione per la mia terra: “W il SUD”.
Un inno alla dignità, alla memoria, alla voglia di cambiare davvero.


