Raccontare la schiavitù con l’intelligenza artificiale: un viaggio da Sumer ai Malê

Quando ho iniziato a collaborare con la trasmissione Sapiens – Un solo pianeta, condotta da Mario Tozzi su Rai3, sapevo che mi sarei confrontato con temi affascinanti e complessi. Ma non immaginavo che uno dei percorsi più intensi e toccanti sarebbe stato quello che mi ha portato a visualizzare – con l’aiuto dell’intelligenza artificiale – la storia della schiavitù, dalle sue origini in Mesopotamia fino alla rivolta dei Malê in Brasile, nel 1835.

In questo lavoro, non si tratta solo di “illustrare” episodi storici. Si tratta di evocare volti, atmosfere, silenzi. Di dare forma e spazio a ciò che raramente ha avuto diritto a essere rappresentato. E forse, proprio per questo, ha bisogno di essere raccontato con cura.

Il primo schiavo: Mesopotamia, 2200 a.C.

Tutto è cominciato da lì: da una scena in una civiltà che già conosceva la schiavitù come istituzione. Nell’antica Sumer, nel cuore pulsante della Mesopotamia, gli schiavi erano spesso prigionieri di guerra o individui indebitati, impiegati nei campi, nei templi, nei cantieri delle ziggurat.

Per Sapiens, ho ricostruito con l’AI una di queste scene: un giovane ʿabd che trasporta argilla sotto il sole, il volto chino, la postura stanca ma dignitosa. Ogni dettaglio è stato costruito attraverso prompt minuziosi, perché ogni pixel doveva portare rispetto. Nessuna spettacolarizzazione, solo silenzio, polvere e umanità.

Bahia, 1835: la rivolta dei Malê

Molti secoli dopo, dall’altra parte del mondo, un’altra scena prende vita: quella della rivolta dei Malê, a Salvador de Bahia. Qui, nel cuore del Brasile coloniale, un gruppo di schiavi musulmani – molti dei quali di etnia Yoruba e Hausa – si organizza per reclamare la propria libertà. Erano alfabetizzati, strutturati, determinati. Volevano una cosa semplice e immensa: non essere più proprietà di nessuno.

Con l’AI ho cercato di dare un volto anche a loro: uomini in abiti bianchi, con il Corano nascosto nelle pieghe della tunica, fiaccole accese, uno sguardo che racconta il coraggio e il rischio. Non eroi mitologici, ma persone reali che hanno lasciato un segno.

Un lavoro che tocca

Questo lavoro non è stato solo un esercizio tecnico. È stato un viaggio emotivo. Ho usato l’intelligenza artificiale non per sostituire la creatività umana, ma per servirla: per aiutare lo spettatore a immaginare ciò che non può essere filmato, per colmare le lacune della memoria collettiva.

È come se, scena dopo scena, l’AI mi aiutasse a sollevare una cortina di polvere dalla storia e a far emergere i dettagli che spesso restano fuori dai libri: un’espressione, una postura, un gesto.
Questa galleria raccoglie alcune immagini scelte tra le centinaia di scarti che si sono accumulati nel corso della lavorazione.

Mi porto dietro molte immagini. Alcune le abbiamo usate. Altre forse non le vedrà nessuno, ma sono rimaste con me. Perché, quando ti metti a raccontare chi non ha potuto raccontarsi, un po’ ti trasformi anche tu.

Sabina, troppo bella per la scena. Ma non per restare con me.

Sabina è uscita da una sequenza di prompt per una puntata di Sapiens. Cercavo un volto che potesse rappresentare una donna nella Bahia del XIX secolo, una figura che potesse camminare tra la schiavitù e la libertà, tra dolore e dignità. E lei è apparsa così, senza preavviso: fiera, elegante, intensa. Perfetta.

Anzi, troppo perfetta.

Lei è Sabina, anche se l’AI non dà nomi, perché un volto così merita un’identità. Aveva l’anima di una storia che non si poteva raccontare solo in una scena. Ma, paradossalmente, è stata scartata. Troppo bella, troppo magnetica. Distoglieva l’attenzione, dicevano. Una presenza che rischiava di trasformare un documento storico in un sogno romantico.

E allora ho fatto quello che fanno gli sceneggiatori sentimentali: l’ho salvata. Non per lo schermo, ma per me.

Sabina non andrà in onda. Ma è rimasta nella mia cartella, nella mia mente, e forse un po’ anche nel mio cuore. Perché chi lavora con le immagini sa che, a volte, una figura generata in digitale può sembrarti più viva di molte persone reali. Per un istante.

Sabina non è mai esistita. Ma anche questa, forse, è solo un’opinione.


🖥️ Sapiens – Un solo pianeta va in onda su Rai3 e in streaming su RaiPlay.
Per chi è curioso di vedere con gli occhi, ma anche con il cuore.

Ci sono progetti che non sono solo lavoro.
Sono sfide, immersioni totali, esperienze che ti cambiano.
“Je sto vicino a te – Forever”, trasmissione speciale dedicata a Pino Daniele andata in onda su Rai 3 il 5 aprile 2025, è stato tutto questo. E molto di più.

Non avrei potuto affrontarlo da solo.
Perché dietro ogni immagine, ogni composizione visiva, ogni scelta narrativa, c’è stato un team eccezionale: appassionato, competente, instancabile. Ognuno ha dato tutto ciò che poteva – spesso anche di più – per far sì che questa visione diventasse reale.

Personalmente, ho lavorato su ogni aspetto visivo: montaggio, videomaking, videocomposizione, intelligenza artificiale, sperimentazione e finezza tecnica. Sedici ore al giorno per quindici giorni consecutivi. Una corsa contro il tempo, soprattutto dopo l’anticipo della messa in onda dal 20 al 5 aprile. Ma in quella corsa non ero solo: c’erano mani e cuori al mio fianco. E questo ha fatto la differenza.

Ma non è andato tutto liscio.

C’è stato un momento, durante la realizzazione, in cui qualcosa ha vacillato. Un inciampo imprevisto, una crepa che mi ha tolto il fiato e che ha fatto traballare le certezze. Non riuscivo a godermi il risultato, anzi: mi ci sono perso dentro, con la sensazione di non aver più il controllo su ciò che avevo creato. È stato un momento buio, in cui la fatica accumulata ha lasciato spazio allo smarrimento e al dubbio profondo.

Poi, col tempo, è emersa una forma di verità. O, forse, un compromesso accettabile tra ciò che avevo immaginato e ciò che alla fine è arrivato al pubblico. Quello che avevo costruito con cura estrema, con le mani tremanti e le idee chiarissime, conservava il senso, la coerenza, l’intenzione.

E in quel momento, qualcosa si è sciolto. Non la fatica, non la stanchezza, ma il nodo in gola. Perché avevo fatto la cosa giusta. Anche se non me ne ero potuto accorgere subito.

Il lavoro con l’AI è stato un viaggio nel futuro, ma vissuto con tutte le fragilità del presente. Ogni scelta visiva, ogni passaggio di montaggio, ogni composizione aveva una sua anima. Non c’era nulla di meccanico, nulla di freddo. Solo ore e ore di attenzione, sensibilità e passione.
Il risultato è qui, visibile a tutti:
🔗 Guarda “Je sto vicino a te – Forever” su RaiPlay

Racconto tutto questo perché ho bisogno di ricordarlo, prima che svanisca tra le mail, i prossimi incarichi, la stanchezza cronica.
Questa non è solo una trasmissione.
È una testimonianza collettiva. È il frutto di uno sforzo comune, di una visione portata avanti da persone diverse, con sensibilità diverse, ma unite da un intento profondo.

È stato difficile.
È stato tutto.
E ne è valsa la pena.


Alcuni anni fa, ho iniziato un progetto fotografico chiamato “My RAI Friends”, documentando i volti dei miei colleghi attraverso l’obiettivo della mia macchina fotografica. Ogni scatto catturava un momento autentico, una storia vera, un’emozione genuina.

Oggi, ho intrapreso un nuovo viaggio creativo, esplorando le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale. Ho dato vita a una serie di ritratti femminili immaginari, ognuno con la propria identità e storia. Attraverso la tecnologia, ho potuto immaginare come questi volti sarebbero apparsi in diverse epoche storiche, sia in bianco e nero che a colori.

Questo progetto rappresenta un interessante contrasto con il mio lavoro precedente: dalla cattura di momenti reali sono passato alla creazione di storie immaginarie, dalla documentazione alla fantasia. Ogni volto generato dall’AI porta con sé una narrazione unica, un’identità che ho plasmato attraverso dettagli come l’abbigliamento d’epoca, le acconciature e le espressioni caratteristiche dei diversi periodi storici.

Questo esperimento artistico solleva interessanti riflessioni sul rapporto tra fotografia tradizionale e arte generata dall’AI, tra realtà e immaginazione, tra memoria e creazione. Come cambiano le nostre percezioni quando passiamo dalla documentazione di volti reali alla creazione di identità artificiali?

Ti piacerebbe condividere con me le tue impressioni su questo progetto nei commenti? Come pensi che l’AI stia cambiando il modo in cui creiamo e percepiamo l’arte del ritratto?

Francesco Pinto

Francesco Pinto, nato a Salerno il 16 luglio 1952, è un regista e dirigente televisivo italiano.

La sua famiglia ha una forte presenza nella vita pubblica, con un padre notaio di orientamento socialista e un fratello, Ferdinando Pinto, che ha ricoperto il ruolo di sindaco di Sorrento. Dopo aver conseguito la laurea in filosofia, Pinto ha iniziato la sua carriera in Rai nel 1977, vincendo un concorso indetto dall’azienda.

Nel 1987, sotto la sua produzione per la Rai, è stato realizzato il film “Giulia e Giulia” di Peter Del Monte, che ha segnato la prima pellicola italiana in alta definizione, con un cast che includeva nomi come Kathleen Turner, Sting e Gabriel Byrne.

Nel gennaio 1998, Pinto è stato chiamato a dirigere Rai 3, subentrando a Giovanni Minoli, ha accettato l’incarico con l’impegno di aumentare la quota di ascolto della rete al 10%. Durante il suo mandato, Rai 3 ha visto l’introduzione di nuovi programmi di successo, tra cui “Sfide”, “Blu notte”, “Novecento”, “La Squadra” e “Alle falde del Kilimangiaro”. Ha anche contribuito al rinascimento della programmazione per bambini con la Melevisione e l’arrivo del Gt Ragazzi.

Dopo due anni alla guida di Rai 3, nel 2000 Francesco Pinto è tornato a dirigere il Centro Rai di Napoli. Nel corso degli anni, ha scritto diversi libri, tra cui “La strada dritta”, che ha ispirato una miniserie televisiva trasmessa nel 2014 per celebrare il 50º anniversario dell’Autostrada del Sole.

Tra le sue opere letterarie più recenti, si annoverano “Il lancio perfetto” del 2014, “I giorni dell’oro” del 2016 e “L’uomo che salvò la bellezza” del 2020. Nel 2021, ha pubblicato “Ci manda San Gennaro”.

È stata un’esperienza straordinaria, vissuta con intensità ma permeata da un’atmosfera meravigliosa, priva di ansie e stress nonostante il cronometro ticchettasse inesorabilmente. Tutto si è svolto alla velocità della luce, ma con una serenità imperturbabile.

Alla fine, tutti gli sforzi hanno trovato riscontro in un clamoroso successo di ascolti. Le immagini qui condivise sono solo una minuscola rappresentazione di coloro che hanno contribuito al progetto, concentrandosi principalmente sulla fase di postproduzione. Oltre alla talentuosa Barbara Napolitano, regista del progetto, dobbiamo menzionare anche Laura De Stefano nel ruolo di aiuto regia, Cristiano D’Agostini come capo progetto, Francesco Sorrentino nella direzione artistica, Giuseppe Reale come autore e Massimo Verone come consulente musicale. Un ringraziamento speciale va a Giuseppe Ierardi per la sua impeccabile gestione della postproduzione audio.

Personalmente, ho avuto l’onore di curare la postproduzione, con il prezioso contributo di PierPaolo Centomani.

Sotto il link per rivedere il concerto:

https://www.raiplay.it/video/2024/01/Concerto-dell-Epifania-2024-c33d1ccd-ba90-4a27-b1f9-1adfac40cf90.html?fbclid=IwAR2szBITgXIHZ6kkWfNY8f801Nbe_WeBZvz9LU6nHffcq26XOlB-7uBJCc8