Otto – Dietro un vetro

otto #apogeorecords #newgeneration

Regia di Alessandro Freschi (Fré)
Soggetto di Lorenzo Campese
Prodotto da Simone Morabito e Stefano Bruno (Riva)
Mix: Matteo Cantaluppi
Mastering: Giovanni Versari
Label: Apogeo Records/New Generation
Testo e musica: Lorenzo Campese

Ascolta su Spotify: https://spoti.fi/2KPGvcn

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Alessandro Bellomo: batteria e cori
Andrea Verde: chitarra elettrica
Marco Maiolino: basso
Lorenzo Campese: voce, synth
Stefano Bruno: tastiere
Simone Morabito: cori

NICOLA GRATTERI: LE MAFIE COMPRANO L’INFORMAZIONE DEI MEDIA

Le mafie, così come comprano i ristoranti e locali possono comprare anche pezzi dell’informazione”. E’ quanto ha sostenuto il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri rispondendo alle domande degli studenti delle scuole calabresi che ieri hanno partecipato, nella sede Rai regionale  alla presentazione del libro “L’inganno alla mafia” scritto con Antonino Nicaso.

Dopo il raid statunitense che ha ucciso il generale Qassem Soleimani,  nella notte tra giovedì e venerdì, e l’attacco sferrato a una base Usa a Baghdad sale la tensione tra Usa e Iran “Se le forze americane vogliono rimanere in vita, dovrebbero evacuare le loro basi militari nella regione e andarsene. La rappresaglia da parte dell’Iran e dei comandanti della resistenza di fronte all’assassinio da parte degli Stati Uniti del capo delle forze di Qod Ghassem Soleimani è certa, incontrollabile e dolorosa e gli americani farebbero meglio a smettere di inviare messaggi per invitare l’Iran a non vendicarsi”. 

Raggiunto e superato il numero minimo di 64 firme per presentare il quesito del referendum sul taglio dei parlamentari. Lo si apprende da fonti di Palazzo, secondo cui, sarebbe arrivato un sostanzioso appoggio anche da parte di senatori della Lega. Il numero necessario, un quinto dei membri di una camera, era già stato raggiunto, ma quattro senatori di Forza Italia avevano ritirato la firma.

Le attiviste di Ni una menos non ci stanno e dicono che è stata “Violata, torturata ed esposta impiccata come un trofeo”

Dopo aver partecipato alle prime manifestazioni di protesta per il rincaro dei biglietti della metro, Daniela Carrasco, artista di strada di 36 anni, nota come “El Mimo”, è stata trovata impiccata lo scorso 20 ottobre in uno dei quartieri periferici di Santiago del Cile.

Ma il rapporto del medico legale e le dichiarazioni della Procura (che ha avviato un’indagine ancora in corso sulle cause e circostanze della sua morte), consegnate alla famiglia 3 giorni dopo il suo ritrovamento, Daniela Carrasco sarebbe morta per soffocamento per impiccagione e sul suo corpo non ci sarebbero lesioni fisiche attribuibili a violenze sessuali. Tutto questo farebbe propendere per un caso di suicidio.

Questa ipotesi è stata immediatamente respinta dalla coordinatrice di “Ni Una Menos – Chile” che, pochi giorni dopo la morte del mimo, aveva dichiarato che “Daniela è stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”, e dalla rete di attrici cilene che avevano denunciato che Carrasco “è stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre” e avevano fatto un appello al governo e alla ministra Isabel Pla affinché fosse fatta luce sulla morte dell’artista di strada e su altre 12 denunce di violenza sessuale da parte delle forze dell’ordine.

Questa notizia è arrivata in Italia con un mese di ritardo, condivisa inizialmente sui social nella versione dell’artista di strada “torturata e uccisa dalla polizia cilena”, rilanciata da gruppi come “Non Una di Meno”

Al Sud, dopo che Berlusconi ha “ripulito” le sue liste e abbandonato molti vecchi compagni di viaggio, c’è stato un esodo silenzioso verso la Lega. Paradossale, vero? Un partito che, nel suo DNA, ha sempre avuto un odio profondo e radicato per il Meridione – basti pensare agli slogan storici, alle “vacche romane” e a quel “terroni” urlato in ogni comizio padano – oggi si riempie di candidati meridionali. Perché? Semplice: poltrone, potere e la solita fame di voti facili.

Questi candidati, pur di riciclarsi e restare a galla, fanno finta di non capire dove sono finiti. Fingono di non sapere che il partito a cui portano voti vorrebbe, idealmente, cancellare il Sud dalla carta geografica. E ci riusciranno, perché useranno i soliti sistemi: promesse, pacche sulle spalle, clientele, pacchetti di voti garantiti.

È il vecchio schema del meridionale furbo, quello che si sente figo perché “ha fregato tutti”, soprattutto i fessi che lo votano. È la stessa furbizia che, ieri come oggi, ha permesso a chi governa di seppellire scorie nucleari sotto il nostro naso, gonfiare i propri conti correnti, ostentare un lusso inspiegabile. Guardatevi intorno: dopo l’ondata di fango sul Movimento 5 Stelle, dopo il loro tentativo (fallito) di spezzare certe logiche, ritorneremo esattamente qui. Lo abbiamo già visto, e continueremo a vederlo.

E, a proposito di fango, chiedetevi sempre chi lo lancia e perché.


Il caso Baffa: sigaro, rum e “Revenge Porn”

Un esempio perfetto di questo paradosso è la vicenda di Alfio Baffa. Ex consigliere comunale di Corigliano, in provincia di Cosenza, eletto nel 2013 con Forza Italia, oggi candidato al consiglio regionale in Calabria con la Lega.

Baffa è finito al centro della polemica per un video trash e imbarazzante: si trova nella vasca idromassaggio di un hotel a Roma, fumando un sigaro e sorseggiando rum in un bicchiere di plastica. Il video era stato girato subito dopo un comizio di Salvini nella Capitale. Fin qui, nulla di particolarmente clamoroso: un uomo che si rilassa.

Il problema è come e a chi ha inviato quel video.

Baffa ha infatti mandato quel filmato a un gruppo WhatsApp dal nome più che inopportuno: “Revenge Porn”. Per chi non lo sapesse, il “revenge porn” è un fenomeno gravissimo, un vero e proprio reato, che consiste nella diffusione non consensuale di immagini intime per vendetta o ricatto. Un nome del genere, associato a un gruppo di amici, già basta a suscitare disgusto.

Invece di rimanere privato, il video è stato diffuso ovunque. In migliaia lo hanno visto: Baffa che dice, con aria compiaciuta, “Cari amici del gruppo revenge porn, volevo fare un saluto da Roma dopo la manifestazione di Salvini” e poi alza il bicchiere proponendo un brindisi.


La reazione: minimizzare, come sempre

Ovviamente il video ha sollevato polemiche. Ma come ha reagito il diretto interessato?
Con la classica arroganza di chi si sente intoccabile.

“Un bagno in vasca fa notizia perché gli altri candidati non sono puliti?” ha risposto Baffa.
E ancora: “Non si può bere rum in un bicchiere di plastica? Non è reato stare in vasca idromassaggio”.

Salvini, dal canto suo, ha minimizzato: “Non mi pare un problema bere un rum dopo un comizio”, evitando accuratamente di commentare il nome del gruppo WhatsApp. E così, come sempre, si sposta l’attenzione: non si parla del contesto, ma della forma. Non si discute dell’imbarazzo, ma si derubrica tutto a goliardia.


Il Sud che vota chi lo odia

Baffa è solo uno dei tanti che, pur venendo dal Sud, decide di mettersi al servizio di un partito che ha fatto del disprezzo per il Sud un elemento identitario. È la contraddizione vivente: ci si indigna a parole per i torti subiti, ma poi si premiano proprio coloro che li perpetuano.

Questa vicenda è la metafora perfetta di un meccanismo più grande: il Sud che svende se stesso, si consegna ai peggiori, per avere in cambio briciole di potere e di finto prestigio. Lo schema non cambia mai: i voti vengono comprati, le coscienze anestetizzate, la dignità svenduta.

E intanto ci dicono che è colpa nostra, che non sappiamo cambiare. E un po’ è vero: finché continueremo a dare il nostro voto a chi ci disprezza, saremo complici della nostra condanna.


Morale della storia

Alfio Baffa non è solo un uomo in una vasca. È il simbolo di un Sud che non impara, che si piega, che accetta l’umiliazione. È il volto di un sistema dove chi dovrebbe difendere la propria terra preferisce la vasca idromassaggio a Roma, il sigaro, il rum, il brindisi con gli amici del “revenge porn”.

E noi, invece di indignarci, rideremo. E magari lo voteremo pure.

Poi non lamentiamoci se restiamo sempre ultimi. Perché, in fondo, ce lo meritiamo.