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Chiesa S. Maria delle Grazie Roccarainola Una chiesa costruita nel 1574 dai feudatari di Roccarainola, i Tomacelli, oramai in disuso per i danni provocati dal tempo e dal terremoto del 1980. Poi 40 anni di oblio. Ci hanno lavorato varie amministrazioni e finalmente oggi con l’amministrazione di Giuseppe Russo viene restituita alla popolazione. Molti rocchesi hanno dei ricordi legati a quella chiesa, e sono persone di una certa età, infatti è stata attiva fino alla fine degli anni 70. Questo è il filmato che abbiamo realizzato e proiettato il 4 Marzo per la sua inaugurazione.
Joey DeFrancesco è morto nell’agosto del 2022, e stamattina mi sono imbattuto in un vecchio post di una sua session di I Wish , un esecuzione fantastica, dove il suo suono inconfondibile mi da sempre delle grandi emozioni. Era un pò di tempo che non lo ascoltavo e non sapevo della sua morte. Joe è stato un organista jazz, tra i più grandi di tutti i tempi. Ha dato allo strumento un nuovo lustro sfruttandone le grandi potenzialità andando forse anche oltre. Usava la pedaliera come un jazz bass cosi solitamente nei suoi concerti non aveva bisogno di bassista. Il suono del suo Hammond, talvolta caldo e avvolgente altre volte tagliente esprimeva qualcosa di ineguagliabile dalle tastiere e dai plugins in circolazione. Certo, non è facile trovare quel suono con un hammond ed un Leslie, servono anni di esperienza sulla posizione e l’equalizzazione dei microfoni. Non sono molti quelli che suonano l’Hammond a quei livelli, e soprattutto non sono bianchi: Eddie Howard Jr, Kyle Roussel, Cory Henry , John Peters sono degni di nota.
Joey DeFrancesco Trio “Never Can Say Goodbye” live at Java Jazz Festival 2011
Altri Organisti Jazz
Eddie Howard Jr
Qui troviamo Eddie Howard Jr in un Hammond center
Kyle Roussel Organ Trio – Live from the Jazz & Heritage Center (2018)
Tristo Fato, Quinto Grado Erminio Pasta, Pio Semi Ottone Testa, Salvo Croce Facoffi Borza, Aldo Ponche (o Punch) Uno andò saldato Uno vive all’estro Uno s’è spaesato Uno ha messo plancia E fa il trans-aitante Uno fa le more Uno sta invecchiando Perché è Un nobile scotch
Uno fa calzoni Dai risvolti umani Uno ha un solo naso Uno ha mani e polsi Uno è su due piedi Uno è calvo a onde Uno si nasconde Poi non sa In che vano sta Un viso ucciso dal pensiero Un tal con voce da uccelliera Un sostituto a sua insaputa E un misto storie e geografie
Uno per uno li ricorda, L’orchestra mentre si accorda La verità viene sempre a palla Dolce chi era sei tu
Il maestro solitario Fischietta ariette d’oblio (Sei tu)
I dimenticati Ce li ha tutti in testa Gli altri sono entrati Chi da sé Chi dalla finestra
C’è il direttore, l’orchestra c’è Apparecchiati sul buffè Son mantecati I dimenticati
Se il pasticcino ha un senino in se Del maraschino effetto è Uno nel rinfresco Pensa “È peggio se esco”
Un altro, un altro deglutisce Volentieri gradisce Non si capisce chi mangi chi Non gli rincresce “Grazie sì, grazie sì”
All’apice della sua popolarità, Lucio Battisti prese una decisione audace: abbracciare il nuovo, esplorare territori musicali inesplorati e spingersi oltre i confini della canzone tradizionale. Senza preoccuparsi del disorientamento del pubblico o dello stupore della critica, Battisti ci regalò cinque album letteralmente rivoluzionari tra il 1986 e il 1994: “Don Giovanni,” “L’apparenza,” “La sposa occidentale,” “Cosa succederà alla ragazza,” e “Hegel.”
Questa svolta fu radicale: i testi di Pasquale Panella sembravano oscure a molti, mentre la musica sembrava aver perso la sua immediatezza. I suoni elettronici dei sintetizzatori e delle drum machine dominavano le composizioni, e la voce di Battisti cantava versi enigmatici, apparentemente senza un filo logico.
Tuttavia, la realtà era diversa: le liriche erano intrise di significati stratificati, con riferimenti sia eruditi che popolari, giochi di parole intelligenti e sofisticati. La musica stessa era ricca di temi melodici incantevoli e memorabili. Le melodie di Battisti non erano mai state banali, ma durante la sua collaborazione con Mogol, erano più immediate e cristalline. Con gli album “bianchi,” Battisti chiedeva di andare oltre l’ascolto superficiale, richiedeva concentrazione in cambio di una profonda gratificazione che non poteva essere ottenuta con la musica popolare italiana tradizionale.
Il fascino di questi album risiedeva proprio nelle loro esplorazioni musicali e poetiche elusive, che richiamavano costantemente qualcosa di familiare, ma sfuggivano sempre a una piena comprensione.
Forse, dietro a questa sperimentazione, c’era anche un intento filosofico, come suggerito dal riferimento al filosofo tedesco Hegel nell’ultimo degli album “bianchi.” Le liriche esploravano l’umanità giocando con le emozioni, ma lasciavano intravedere una porta aperta alla metafisica, suggerendo l’insondabilità dell’animo umano. In alternativa, le parole del pensiero filosofico diventavano un pretesto per affrontare tematiche diverse, talvolta anche banali. Tutto ciò avveniva mentre la scelta di suoni freddi e il ritmo infallibile delle drum machine sembravano trasportare le storie d’amore e i sentimenti nell’era della tecnologia, dimostrando che nonostante l’apparente alienazione, l’umanità continuava a evolversi e ad adattarsi. Questo discorso profondo era condito dalla leggerezza delle acrobazie linguistiche che caratterizzavano lo stile di Pasquale Panella.
Questo audace tentativo di non cedere alla nostalgia, ma di vivere appieno il presente e anticipare il futuro, unito al puro piacere dell’ascolto, è ciò che emerge dai lavori più maturi di Lucio Battisti. Il cantautore ha liberato la canzone pop dalla sua gabbia convenzionale, dimostrando che la storia non solo prosegue, ma richiede anche una continua interpretazione e innovazione.
È una lezione che vale per tutti noi, ma che sembra particolarmente urgente per i suoi compatrioti, che troppo spesso si aggrappano alla nostalgia e alla ripetizione anziché abbracciare il nuovo. Queste vie facili, sebbene portino apparentemente al successo a breve termine, conducono inevitabilmente al fallimento a lungo termine.
Totalmente giocata invece sull’equivoco linguistico la canzone “Equivoci amici”, sempre tratta dall’album “Don Giovanni”. Tanto per segnalare i giochi di parole più scoperti: andare saldato = dovere essere saldato andare soldato = partire militare
vivere all’estro = vivere nella fantasia vivere all’estero = vivere oltre confine
spaesarsi = perdere l’orientamento sposarsi = prendere moglie
mettere plancia = linguaggio dei marinai mettere pancia = ingrassare
fare calzoni = fare dei pantaloni fare canzoni = scrivere canzoni
i risvolti (dei pantaloni) i risvolti umani (delle canzoni)
La verità viene a galla = viene fuori La verità viene a palla = al momento giusto?
C’era una volta il PCI e c’era una volta anche una rete sul territorio, attenta, solidale. C’era una volta il pudore, il buon senso la misura, la solidarietà, l’unità e una visione del mondo, forse. C’erano le classi sociali, i ricchi e i poveri, i padroni e gli operai, l’industria e i lavoratori, capitalismo e Comunismo. Quello Italiano era un comunismo annacquato, tra una base NATO e l’altra, disseminate sul territorio, a ricordare che eravamo stati liberati e che il prezzo da pagare era una fetta di sovranità territoriale e una certa ingerenza nelle cose politiche interne da parte dei liberatori. Forse anche per questo nessuno poteva pensare seriamente ad una vera “rivoluzione comunista”. Quella “società egualitaria caratterizzata dall’abolizione delle classi sociali, della proprietà privata dei mezzi di produzione, dalla completa emancipazione di tutti i cittadini, dalla partecipazione del popolo al governo e, progressivamente, dall’estinzione dello Stato” era solo un sogno lontanissimo, nessuno credeva davvero che potesse mai realizzarsi, e se vogliamo dircela tutta, i vertici del partito comunista italiano non ne aveva nessun interesse, sapevano perfettamente cosa succedeva già oltre l’Adriatico. Così in quei decenni la sinistra Italiana ha imparato a starsene all’opposizione. Un opposizione praticamente inesistente e inconsistente, perché aveva addosso il marchio di un ideologia che Stalin e soci avevano trasformato in una delle peggiori dittature mai viste sul pianeta. Così il PCI non è stato mai al governo. La Democrazia Cristiana per raggiungere il numero per governare era sempre costretta a fare accordi con gli “aghi della bilancia” che facevano ben valere i loro miseri risultati elettorali. a volte hanno dovuto consegnare le chiavi di Palazzo Chigi a segretari di partito che a stento erano arrivati al 3%. (Governo Spadolini 1981). Inutile dire che le crisi di governo e lo scioglimento delle Camere erano all’ordine del giorno. Nei partiti di governo non sono mai entrati ne il PCI ne il MSI. Così i progressisti italiani sono stati rappresentati per 40 anni dal Partito Comunista, un utopia che li ha sempre tagliati fuori da qualsiasi dialogo nel Parlamento e nei Governi. E così i progressisti italiani potevano solo gridare “addavenì Baffone”, sognando l’arrivo di Stalin in Italia a liberarli dagli infiniti soprusi e ladrocini di cui era capace la Democrazia Cristiana. E’ da ricordare come l’élite fascista, in mancanza di un vero regolamento di conti, cosa avvenuta invece in Germania con i nazisti, si sia completamente riversata nel nuovo soggetto politico, sotto le ali protettrici della Chiesa, anch’essa terrorizzata da uno sviluppo Comunista in Italia.
Insomma alla fine le oligarchie fasciste, tranne casi eclatanti di giustizia sommaria per crimini odiosi contro l’umanità, erano state lasciate li, esattamente dov’erano durante il ventennio, per garantire ai liberatori che non si affermasse l’ideologia comunista. In molti casi i siciliani sono stati rappresentati direttamente da boss, mafiosi e fascisti. Ed è in questo scenario che i “conservatori italiani” hanno sempre vinto le elezioni. I progressisti avevano puntato su un soggetto rivoluzionario più che su un partito di governo. Per questo, NATO e CIA cominciarono a sponsorizzare reti segrete (spesso paramilitari) nei paesi occidentali: formate da persone della società civile e militare ritenute affidabili, queste organizzazioni si basavano su valori quali l’anticomunismo e l’atlantismo. In Italia, la più famosa, è stata l’operazione Gladio.