C’è chi, per sembrare più importante o per affermare un’autorità che non ha, si aggrappa a un intercalare come “ciccio”. È il tipico vezzo di chi finge di non ricordare il tuo nome per darsi un’aria distratta e dominante, sottolineando che non meriti la fatica della memoria. Un clichè di alcuni registidel passato che chiamano tutti “rospo” o “spa” o altre cazzate, per creare quell’aura di familiarità fittizia, in realtà studiata per mantenere le distanze. Insomma, un esercizio di prepotenza mascherata da ironia.

L’effetto? Zero carisma, tanto cringe.

La cosa più spassosa, quasi teneramente fantozziana, è che chi si atteggia a “boss del mondo con intercalare” non si sogna mai di usare “ciccio” o simili con qualcuno che riconosce come gerarchicamente superiore. Prova a chiamare “ciccio” il tuo capo o un cliente importante.

E allora, dato che il loro intercalare è una malattia sociale, mi riservo il diritto di rispondere con una sindrome tutta mia: quella di Tourette, adottando un paio di termini molto napoletani: “chiappariello” o “friariello” alla bisogna.