L’influenza di Silvio Berlusconi, anche dopo la sua scomparsa nel 2023, rimane significativa in diversi ambiti della vita italiana, grazie al suo lungo periodo di protagonismo nella politica, nei media e nell’imprenditoria. Ecco come si manifesta ancora oggi:

1. Politica

  • Forza Italia e il centro-destra: Berlusconi ha fondato Forza Italia nel 1994, dando origine a un partito che, pur ridimensionato, continua a essere una forza importante nel panorama politico italiano. La sua eredità politica ha contribuito a modellare la coalizione di centro-destra, basata sull’alleanza tra forze diverse come la Lega e Fratelli d’Italia.
  • La personalizzazione della politica: Il modello di leadership fortemente personalistico introdotto da Berlusconi ha ispirato molti leader contemporanei. Il suo stile comunicativo, il carisma e il focus sulla narrazione personale continuano a influenzare politici sia di destra che di sinistra.
  • Certe politiche economiche: Le sue visioni economiche, basate su riduzione delle tasse, incentivi all’impresa privata e deregulation, rimangono un punto di riferimento per molte proposte politiche attuali.

2. Media e Cultura

  • Il sistema mediatico: Le reti Mediaset, che Berlusconi ha creato, rimangono un pilastro dell’informazione e dell’intrattenimento in Italia. La loro influenza sul linguaggio, sui temi trattati e sulle priorità culturali è ancora forte.
  • Il linguaggio politico e pubblico: Berlusconi ha cambiato il modo in cui la politica viene comunicata, utilizzando un tono colloquiale, battute e una retorica accessibile. Questo stile è diventato una norma per molti politici italiani.
  • Cultura popolare: Berlusconi ha influenzato il modo in cui gli italiani vedono il successo, la bellezza e il potere. L’immaginario legato al suo stile di vita – dal lusso alla libertà personale – rimane un’aspirazione per molti.

3. Economia

  • Le sue aziende: Mediaset, Mondadori, il gruppo Fininvest e il suo impatto sul settore immobiliare e bancario continuano a rappresentare una parte rilevante del tessuto economico italiano.
  • Le politiche fiscali: Le sue proposte politiche per una tassazione più leggera e meno burocrazia hanno avuto un’eco duratura nelle discussioni economiche del Paese.

4. Mentalità collettiva

  • Un simbolo di resilienza: Per molti italiani, Berlusconi rappresentava l’idea che il successo fosse possibile nonostante le difficoltà, grazie a carisma, ambizione e strategia.
  • Polarizzazione: Il suo ruolo ha contribuito a polarizzare l’opinione pubblica, creando una divisione tra sostenitori e detrattori che spesso si riflette ancora oggi nei dibattiti politici.

5. L’Eredità Familiare e il Suo Impero

  • La famiglia Berlusconi continua a gestire l’impero finanziario e mediatico costruito da Silvio, mantenendo la sua influenza in settori chiave. I suoi figli, in particolare Marina e Pier Silvio, sono figure di rilievo nel panorama economico e culturale.

In definitiva, l’influenza di Berlusconi si estende oltre la politica, modellando il modo in cui gli italiani pensano al potere, al successo e alla leadership. Superare questa eredità richiederà tempo e un cambiamento culturale profondo.

Nonostante il passare del tempo e la scomparsa di Silvio Berlusconi, la sua eredità politica e culturale continua a influenzare il panorama italiano, compreso il governo Meloni. Ecco come il “berlusconismo” si intreccia con l’attuale leadership:


1. Continuità Ideologica nel Centro-Destra

  • Alleati storici: Fratelli d’Italia, il partito di Meloni, è parte della coalizione di centro-destra che ha le sue radici nell’alleanza costruita da Berlusconi. Forza Italia, nonostante la leadership di Tajani, mantiene un ruolo nella coalizione, e molti dei suoi membri chiave provengono dall’era berlusconiana.
  • Liberalismo economico: Meloni si ispira, almeno in parte, alle politiche economiche berlusconiane, che promuovono il supporto alle imprese, la riduzione delle tasse e il rilancio dell’economia privata.

2. Differenze nello Stile di Leadership

  • Il focus ideologico: Mentre Berlusconi ha sempre avuto un approccio più pragmatico e orientato al compromesso, Meloni rappresenta un’identità politica più ideologica e radicata nei valori conservatori e sovranisti.
  • Il carisma personale: Meloni adotta uno stile comunicativo più rigido e focalizzato rispetto alla teatralità e all’ironia che caratterizzavano Berlusconi. Tuttavia, anche lei ha fatto della narrazione personale (donna, madre, italiana) uno strumento fondamentale per creare empatia con gli elettori.

3. Eredità Mediatica e Retorica

  • Comunicazione diretta: Il modello di comunicazione introdotto da Berlusconi, basato su slogan semplici e immediati, è stato ereditato e adattato dalla Meloni, che utilizza efficacemente i social media per amplificare il suo messaggio.
  • Narrazione populista: Come Berlusconi, Meloni fa leva su una retorica populista che pone l’accento sull’”ascolto del popolo” e sulla contrapposizione con le élite, pur declinandola in chiave nazionalista e identitaria.

4. Conflitti e Distanze con il “Berlusconismo”

  • Il ruolo di Forza Italia: Sebbene parte della coalizione, Forza Italia è ormai una forza politica marginale rispetto a Fratelli d’Italia e alla Lega. Il partito berlusconiano fatica a imporsi e si limita a sostenere il governo senza influenzarne significativamente l’agenda.
  • Differenze generazionali: Meloni rappresenta una nuova generazione di politici cresciuti nell’era del “post-berlusconismo”, che cerca di distanziarsi dal personalismo esasperato di Berlusconi e di proporsi come leader di sistema.
  • Relazioni internazionali: Mentre Berlusconi aveva un approccio più filo-europeo e filo-russo, Meloni sta cercando di bilanciare la sua retorica sovranista con un pragmatismo europeo e atlantista.

5. L’Eredità del “Berlusconismo” nel Governo Meloni

Il berlusconismo ha lasciato una doppia eredità:

  • Positiva: Ha normalizzato un approccio liberale all’economia e introdotto un linguaggio politico più diretto e popolare.
  • Negativa: Ha consolidato un modello di politica personalistica e una commistione tra potere economico e politico che tuttora pervade il sistema italiano.

Meloni si trova quindi in una posizione ambivalente: pur cercando di marcare una discontinuità con il passato, il suo governo è inevitabilmente condizionato dalle dinamiche e dagli assetti creati da Berlusconi.


In sintesi, il “berlusconismo” è al contempo un’eredità e un limite per il governo Meloni, che si muove tra continuità e rinnovamento, cercando di ridefinire il centro-destra senza rompere del tutto con il passato.

Dieci anni fa, il 5 gennaio 2015, Napoli si fermò. L’improvvisa scomparsa di Pino Daniele spezzò il cuore della città, del Sud, di tutta l’Italia. Per due giorni, l’aria fu impregnata di dolore e incredulità, mentre la sua musica, i suoi testi, le sue melodie risuonavano ovunque: dai balconi, dalle autoradio, nelle piazze. La commozione popolare si riversò nelle strade, culminando in un addio collettivo straordinario, il funerale in Piazza del Plebiscito, dove migliaia di persone si strinsero per dirgli addio.

In quella cornice emotiva unica, io e Cecilia Donadio ci ritrovammo nella saletta di montaggio, immersi in due giorni di lavoro frenetico e intenso. La missione era chiara: raccontare Pino Daniele, la sua eredità, il vuoto che lasciava, in 30 minuti di televisione. Ma non si trattava solo di un compito professionale; era un viaggio nel cuore della città, nelle radici della nostra cultura, nelle nostre vite personali, perché tutti noi avevamo un pezzo della nostra storia legato alla sua musica.

La saletta diventò un microcosmo di emozioni. Ogni immagine, ogni parola, ogni nota veniva scelta con cura maniacale, quasi fosse un atto d’amore. Rivedere i vecchi filmati di Pino che suonava, che parlava, che rideva, ci stringeva lo stomaco e ci riempiva gli occhi di lacrime. Ma sapevamo che dovevamo trasformare quel nodo in gola in un racconto che parlasse a tutti, che rispettasse la sua grandezza e il dolore della sua gente.

Il documentario si chiudeva con le facce commosse della gente a Piazza del Plebiscito durante il suo funerale. Quel momento, fissato nel montaggio, ci ha trovati in silenzio: sapevamo che racchiudeva tutto. Quando finalmente il lavoro era completo, abbiamo riguardato il servizio dall’inizio alla fine. Noi, che dovevamo essere i narratori, eravamo anche spettatori del nostro stesso dolore.

Era come se Napoli avesse perso un fratello, ma, nello stesso tempo, si fosse riscoperta comunità. E mentre il nostro servizio andava in onda, sapevo che avevamo fatto la nostra parte per raccontare quel momento irripetibile. Oggi, a dieci anni di distanza, quel ricordo è ancora vivido: due giorni di lavoro forsennato, di emozioni condivise, di professionalità e cuore. Un piccolo omaggio a un gigante, che resterà sempre parte della nostra anima.

Era il 2014, un viaggio di ritorno da Maratea. Durante il tragitto, ci siamo fermati a un laghetto. Non ricordo esattamente dove fosse, e forse non l’ho mai saputo davvero. Era solo un luogo che ci ha colpito al volo, uno di quei posti che incontri per caso e che, senza preavviso, si fissano nella memoria.

Eravamo in cinque: Gabriel, Francesco e Giusy – stavano ancora insieme allora – e Marzanna. Nessuna grande avventura, nessun evento memorabile. Solo una pausa, il tempo di scendere dall’auto, respirare l’aria di quel posto e scambiarci qualche parola. L’atmosfera aveva una sua bellezza quieta: il riflesso dell’acqua, la luce morbida del pomeriggio, il rumore delle risate che riempivano il silenzio.

Ritrovare quel filmato oggi è stato come aprire una finestra su un passato che sembra più distante di quanto dovrebbe. Non tanto per il tempo trascorso, ma perché ognuno di noi ha preso strade diverse. Francesco e Giusy non stanno più insieme, e forse anche quel legame di gruppo non è più lo stesso.

Eppure, rivedere quelle immagini non lascia l’amaro in bocca. È più un promemoria: di come i momenti più semplici, quelli che non pensi di voler ricordare, alla fine si rivelano i più significativi. Non ho montato il video per nostalgia, ma per fissare un frammento di tempo, per dare un contorno più netto a un ricordo che altrimenti rischierebbe di sfumare.

Non so dove fosse quel laghetto, e forse non lo scoprirò mai. Ma è lì, in un punto indefinito della strada, a ricordarmi che anche il caso può creare qualcosa di eterno.

Alcuni anni fa, ho iniziato un progetto fotografico chiamato “My RAI Friends”, documentando i volti dei miei colleghi attraverso l’obiettivo della mia macchina fotografica. Ogni scatto catturava un momento autentico, una storia vera, un’emozione genuina.

Oggi, ho intrapreso un nuovo viaggio creativo, esplorando le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale. Ho dato vita a una serie di ritratti femminili immaginari, ognuno con la propria identità e storia. Attraverso la tecnologia, ho potuto immaginare come questi volti sarebbero apparsi in diverse epoche storiche, sia in bianco e nero che a colori.

Questo progetto rappresenta un interessante contrasto con il mio lavoro precedente: dalla cattura di momenti reali sono passato alla creazione di storie immaginarie, dalla documentazione alla fantasia. Ogni volto generato dall’AI porta con sé una narrazione unica, un’identità che ho plasmato attraverso dettagli come l’abbigliamento d’epoca, le acconciature e le espressioni caratteristiche dei diversi periodi storici.

Questo esperimento artistico solleva interessanti riflessioni sul rapporto tra fotografia tradizionale e arte generata dall’AI, tra realtà e immaginazione, tra memoria e creazione. Come cambiano le nostre percezioni quando passiamo dalla documentazione di volti reali alla creazione di identità artificiali?

Ti piacerebbe condividere con me le tue impressioni su questo progetto nei commenti? Come pensi che l’AI stia cambiando il modo in cui creiamo e percepiamo l’arte del ritratto?

La canzone “Soldier’s Eyes” di Jack Savoretti ha acquisito notorietà particolare grazie al suo utilizzo nella serie TV “Sons of Anarchy”. Ecco gli elementi più interessanti di questa storia:

Nel 2012, il brano venne incluso nell’episodio 2 della stagione 5 di Sons of Anarchy, intitolato “Authority Vested”. L’inserimento della canzone nella serie si rivelò un momento decisivo per la carriera di Savoretti, tanto che per un giorno il brano raggiunse il primo posto nella classifica americana di Amazon.

La canzone stessa è una ballata folk intensa che parla della prospettiva di un soldato, delle sue esperienze e del suo sguardo sul mondo. I temi della canzone – il peso delle responsabilità, il confronto con la violenza, la perdita dell’innocenza – si allineavano perfettamente con le tematiche della serie.

Le lyrics più significative includono:
“I am a soldier, I fight where I am told
And I’ve killed where I am told, in the name of God and country”

La produzione è volutamente minimalista, caratterizzata principalmente dalla voce ruvida di Savoretti e da una chitarra acustica, che contribuiscono a creare un’atmosfera intima e riflessiva.

L’impatto di Sons of Anarchy sulla visibilità del brano è stato notevole. La serie, che all’epoca era uno degli show più seguiti su FX, ha permesso a Savoretti di raggiungere un pubblico americano molto più ampio. Questo successo improvviso su Amazon dimostrò il potere delle sincronizzazioni televisive nel lanciare artisti indipendenti.

Il brano proviene dall’album “Before the Storm” (2012), che segnò un punto di svolta nella carriera di Savoretti, aiutandolo a stabilirsi come artista di rilievo nel panorama folk-rock internazionale.

C’è qualcosa di magnetico in Jack Savoretti, un fascino che va oltre la sua voce ruvida e profonda. Forse è quel perfetto equilibrio tra le sue radici italiane e la sua educazione britannica, o forse è la storia straordinaria che si cela dietro la sua famiglia. Nato a Londra nel 1983 come Giovanni Edgar Charles Galletto Savoretti, Jack incarna la perfetta fusione tra due mondi.

Una Storia Familiare da Romanzo

Il DNA artistico di Jack è intriso di storia e resistenza. Suo padre, Guido, ha una storia che sembra uscita da un film: lasciò Genova per l’Inghilterra dopo essere stato testimone di una rapina, temendo ritorsioni. Non prima però di aver recitato in due film di Duccio Tessari, tra cui “Zorro”.

Sua madre, Ingrid Hepner

Sua madre, Ingrid Hepner, era una modella del vibrante jet set londinese degli anni ’60 e ’70, con radici che attraversano Germania, Polonia e tradizione ebraica.

Jack Savoretti

Ma è forse la storia di suo nonno paterno, Giovanni Savoretti, a essere la più emblematica: medico e partigiano, fu tra i firmatari della liberazione di Genova dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Un’eredità di coraggio che oggi viene ricordata con una via a suo nome a Lavagna e una targa commemorativa in Via XX Settembre a Genova.

L’Evoluzione Musicale: Da Promessa a Star

Gli Esordi e la Ricerca della Propria Voce

Il viaggio musicale di Savoretti inizia quasi per caso. Nel 2005, la sua prima apparizione professionale avviene nell’album di Shelly Poole, dove duetta nei brani “Anyday Now” e “Hope”.

Ma è nel 2006 che fa il suo vero debutto con “Without”, un singolo il cui video, girato a Maiorca, viene diretto da un regista nominato agli Oscar, Bobby Garabedian.

Between The Minds: Il Primo Passo

Il suo album di debutto, “Between The Minds” (2007), rivela già le caratteristiche che lo renderanno unico: testi profondi, melodie intense e quella voce inconfondibile che il Daily Telegraph definirà “ruvida, profonda e nostalgica”. L’album ottiene il sostegno di BBC Radio 2 e debutta al quinto posto nelle UK Indie Charts.

La Svolta con Before the Storm

Dopo “Harder Than Easy” (2009), è con “Before the Storm” (2012) che Savoretti trova la sua vera dimensione artistica. Prodotto da Martin Terefe e registrato con la sua band The Dirty Romantics, l’album segna un punto di svolta. È in questo periodo che “Soldiers Eyes” viene inserito nella serie “Sons of Anarchy”, portandolo per un giorno in cima alle classifiche Amazon negli USA.

L’Ascesa Internazionale

“Written in Scars” (2015) rappresenta la sua consacrazione internazionale. L’album, che vede la collaborazione dell’autore Samuel Dixon (noto per il suo lavoro con Sia e Adele), mostra un artista maturo che sa fondere folk, rock e cantautorato. Il successivo “Sleep No More” (2016) consolida ulteriormente la sua posizione nel panorama musicale internazionale.

Le Collaborazioni: Un Ponte tra Culture

La capacità di Savoretti di muoversi tra diversi mondi musicali si riflette nelle sue collaborazioni:

  • Con Elisa ha creato “Waste Your Time on Me”, un duetto che fonde perfettamente le loro voci
  • Il duetto con Kylie Minogue in “Music’s Too Sad Without You” mostra la sua versatilità
  • La collaborazione con MIKA in “Ready to Call This Love” evidenzia la sua capacità di adattarsi a diversi stili
  • Il recente duetto con Natalie Imbruglia in “Ultime Parole” segna il suo primo brano in italiano

L’Eredità Musicale e le Influenze

Il suo stile musicale è un mosaico di influenze diverse:

  • Dal folk americano di Bob Dylan ha ereditato l’arte dello storytelling
  • Da Paul McCartney e Simon & Garfunkel la sensibilità melodica
  • Da Serge Gainsbourg la sofisticatezza europea
  • Da Lucio Battisti e Fabrizio De André la profondità della tradizione cantautorale italiana

Il Presente e il Futuro

Il 2024 segna un nuovo capitolo nella carriera di Savoretti. La sua partecipazione al Festival di Sanremo con Diodato, interpretando De André, e la collaborazione con Zucchero per una nuova versione di “Senza una donna” mostrano un artista che abbraccia sempre più le sue radici italiane. Il suo nuovo album “Miss Italia” promette di essere un ponte ancora più solido tra le sue due anime culturali.

L’Uomo Oltre l’Artista

Oggi Jack vive nell’Oxfordshire con la moglie Jemma Powell e i loro tre figli, ma mantiene un legame profondo con l’Italia. La sua passione per il Genoa, le frequenti esibizioni in Italia e l’uso fluente della lingua italiana testimoniano un attaccamento che va oltre la semplice eredità familiare.

Jack Savoretti rappresenta l’embodiment perfetto del musicista contemporaneo: cosmopolita ma radicato, innovativo ma rispettoso della tradizione, internazionale ma profondamente legato alle proprie origini. La sua musica continua a evolversi, ma mantiene sempre quella autenticità che l’ha reso uno degli artisti più interessanti della sua generazione.

Grace Jones: La Regina Indomabile della Cultura Pop

Nel panorama della cultura pop, poche figure incarnano l’audacia e l’innovazione come Grace Jones. Modella, cantante, attrice e icona di stile, Jones ha ridefinito i confini dell’arte e dell’identità con una forza che ancora oggi lascia il mondo senza fiato.

Nata a Spanish Town, Giamaica, nel 1948, Beverly Grace Jones cresce in un ambiente rigido e religioso prima di trasferirsi a New York con la sua famiglia. È proprio qui che la sua metamorfosi ha inizio, trasformandola da timida studentessa in forza della natura che avrebbe conquistato il mondo della moda e della musica.

La Rivoluzione dello Stile

Nei primi anni ’70, Grace esplode nella scena fashion parigina come un fulmine a ciel sereno. Con il suo fisico androgino, la pelle ebano e quell’taglio flat-top, diventa inconfondibile la musa di Yves Saint Laurent e Claude Montana. Il suo look non era semplicemente “diverso” – era rivoluzionario. Il fotografo Jean-Paul Goude, suo collaboratore e compagno, contribuisce a creare quell’immagine surreale e futuristica che diventerà il suo marchio di fabbrica.

Regina dei Nightclub

La sua transizione alla musica è altrettanto dirompente. Nel 1977, Jones firma con la Island Records e conquista le discoteche con hit come “La Vie en Rose”, “Pull Up to the Bumper” e “Slave to the Rhythm”. Ma non è solo musica: i suoi concerti sono performance art totali. Chi può dimenticare le sue esibizioni in cui cantava “Corporate Cannibal” coperta di vernice argentata, o quando si esibiva facendo hula-hoop per intere canzoni?

“Slave to the Rhythm” è una pietra miliare della musica degli anni ’80, con una storia di produzione affascinante.

Il brano fu prodotto nel 1985 da Trevor Horn, già famoso per il suo lavoro con i Frankie Goes to Hollywood e gli Art of Noise. La produzione fu incredibilmente elaborata: ci vollero tre mesi di registrazione e si dice che il costo totale superò le 300.000 sterline (una cifra enorme per l’epoca).

Horn adottò un approccio quasi maniacale alla produzione. La versione base della canzone è stata registrata più di 150 volte e Grace Jones ha registrato la voce ripetutamente, anche se alla fine Horn ha utilizzato principalmente la prima take. L’aspetto interessante è che queste registrazioni multiple non furono sprecate: divennero la base per un intero album, sempre intitolato “Slave to the Rhythm”, dove ogni traccia è una diversa interpretazione della stessa canzone.

La batteria è stata suonata da Ian McIver e registrata ai Sarm West Studios di Londra. Il suono percussivo caratteristico fu ottenuto utilizzando uno dei primi campionati digitali, il Fairlight CMI, che era all’avanguardia per l’epoca.

Il basso fu suonato da Bruce Smith e Andrews Newmark, mentre i sintetizzatori furono programmati da Andy Richards e Luis Jardim contribuirono alle percussioni. La sezione di fiati fu arrangiata da Gary Maughan.

Un elemento chiave della produzione fu l’uso innovativo del campionamento. Horn ha utilizzato frammenti di dialoghi, effetti sonori e persino parti di altre canzoni, creando un collage sonoro complesso che era molto avanti per i suoi tempi. La voce di Jones fu trattata come uno strumento, tagliata e riassemblata per creare nuovi pattern ritmici.

La canzone raggiunse la #12 posizione nella UK Singles Chart e divenne uno dei pezzi distintivi di Grace Jones, rappresentando perfettamente la fusione tra arte pop, musica dance e avanguardia che caratterizzava il suo lavoro in quel periodo.

Nel corso degli anni, “Slave to the Rhythm” è diventata non solo un classico della musica dance, ma anche un esempio studiato di produzione musicale innovativa, dimostrando come la tecnologia potesse essere utilizzata creativamente per spingere i confini della musica pop.

Diva Senza Compromessi

Gli aneddoti sulla sua personalità sono leggendari quanto le sue performance. Come quando si presentò a un talk show televisivo schiaffeggiando ripetutamente il presentatore Russell Harty per averle dato le spalle, o quando arrivò al suo stesso compleanno in topless, cavalcando un cavallo rosa attraverso Studio 54. Ma dietro questi gesti teatrali si nasconde una profonda comprensione dell ‘arte della provocazione e del potere dell’immagine.

L’Eredità di un’Icona

L’influenza di Grace Jones sulla cultura contemporanea è impossibile da sovrastimare. Da Lady Gaga a Rihanna, da FKA Twigs a Janelle Monáe, generazioni di artisti hanno tratto ispirazione dalla sua audacia nel sfidare le norme di genere e razza. Il suo memoir del 2015, “I’ll Never Write My Memoirs”, rivela una donna consapevole del suo impatto: “Ho visto troppi cloni, troppi imitatori. Io sono l’originale.”

Oggi, a più di quattro decenni dall’inizio della sua carriera, Grace Jones rimane un simbolo di fierezza artistica e autenticità selvaggia. La sua arte continua a sfidare le convenzioni, il suo stile continua a ispirare, e la sua presenza continua a elettrizzare ogni spazio che occupa.

Non è solo un’artista: è un fenomeno culturale che ha dimostrato come la vera ribellione non stia nel rifiutare le regole, ma nel creare le proprie. In un’epoca di conformismo digitale, la sua individualità granitica brilla più che mai, ricordandoci che la vera libertà sta nell’essere ferocemente se stessi.

Come lei stessa ha detto: “Non mi adatto alla società. La società deve adattarsi a me.” E il mondo non potrebbe essere più grato per questa sua intransigenza.