C’è un momento, ogni tanto, in cui mi siedo davanti allo strumento senza un’idea precisa, senza uno spartito, senza uno schema. Solo io, il suono, e lo spazio vuoto da riempire. Empathy è nata così.
L’improvvisazione è questo: l’attimo in cui smetti di pensare e inizi a sentire. È lì che la musica diventa linguaggio dell’anima, che prende forma senza preavviso, senza filtri, senza trucco. Non c’è niente di preordinato, nessuna architettura razionale. Solo la sincerità del momento che si fa nota, respiro, ritmo.
Questa composizione è una piccola confessione in musica. Non nasce per stupire, non segue una logica commerciale. È un gesto intimo, quasi una meditazione, che ho deciso di rendere pubblico perché credo che la verità – anche quando è fragile, incerta, magari imperfetta – meriti sempre uno spazio per essere ascoltata.
In un mondo in cui tutto è pensato, progettato, ripulito, credo ancora nel valore dell’istinto. Nell’arte che nasce mentre accade. Nella musica come specchio di chi siamo, senza maschere.
Ascoltatela se vi va. E se vi arriva qualcosa, anche solo un respiro, sarà valsa la pena condividerla.