Il video che sto per riproporre l’avete già visto.
Magari vi è passato davanti distrattamente, magari l’avete apprezzato per la sua estetica, o per l’atmosfera.
Ma oggi sento il bisogno di raccontarvelo davvero.
Di spiegarne l’essenza.
Quello che vedete è girato su uno dei tanti tetti di Napoli
(vi dirò quale quando andrò in pensione 😄).
Un luogo non autorizzato, nel senso più creativo del termine.
Quel tetto era il nostro manifesto non scritto.
Una citazione silenziosa di gesti più grandi:
il live dei Beatles sulla Apple, gli U2 su un tetto a Los Angeles.
Lì c’era l’idea che la musica potesse uscire dalle stanze, prendere quota, fondersi col paesaggio.
Noi facevamo lo stesso, nel nostro piccolo.
Con una videocamera.
E un’intuizione.
Io e Cecilia.
Quel gesto aveva qualcosa di carbonaro, di brigantesco.
Un atto poetico travestito da marachella.
Come se stessimo cercando di liberare uno spirito prigioniero, proprio nel cuore di quel luogo.
Nel video Cecilia prende in mano una chitarra vera.
Non per suonarla, ma per evocare.
Interpreta Jimi Hendrix in Wait Until Tomorrow con un gesto lieve ma pieno di senso.
Quel frammento parla di libertà creativa.
Parla anche di un altro tempo: gli anni Settanta, che ci hanno formati senza che ce ne accorgessimo.
Che ritornano nei colori, nei riferimenti, nei feticci minimi che portavamo con noi senza esibirli.
E poi c’è l’aspetto più importante.
Sapevamo che non ci sarebbe stato niente in cambio.
Nessuna ribalta, nessun premio, nessuna “visibilità” da conquistare.
E per questo, con un sorriso tra noi, chiamavamo tutto questo:
Useless Mission.
Una missione inutile, sì.
Ma nel senso più vero, più puro.
Utile solo a chi la vive.