Sono trascorsi 29 anni dal giorno in cui abbiamo assistito a un’altra eclatante dimostrazione di impotenza da parte dello Stato di fronte alla Mafia. Un atto di arrogante forza senza precedenti, un monito diretto alla Politica, alla Magistratura e alle forze di Polizia. Il mostruoso connubio tra le mafie e la politica cercava la sua legittimazione, agendo con il suo stile distintivo.
Con quell’esplosione di un tratto di autostrada svanivano tutte le nostre speranze di vivere in uno Stato libero. Quell’epoca è stata segnata dal “processo alla politica italiana”, con tutto l’apparato costituzionale messo sotto accusa. Il parlamento era svuotato dagli avvisi di garanzia per corruzione e finanziamenti illeciti ai partiti.
Nel frattempo, a Palermo, durante il “Maxi processo alla Mafia”, venivano inflitti decine di ergastoli ai boss mafiosi, che nei decenni precedenti si sentivano al sicuro grazie alle protezioni offerte dagli americani durante l’occupazione e dai favori politici della Democrazia Cristiana in cambio di consensi elettorali.
Sebbene molti omicidi rilevanti fossero stati compiuti in modo quasi silenzioso nei decenni precedenti, come agguati mortali a magistrati, militari e forze dell’ordine, l’assassinio di Falcone e le stragi pianificate nei mesi successivi dovevano fare rumore. Dovevano far capire allo Stato che la mafia era potente e poteva colpire ovunque e in qualsiasi momento.
Solo la fortuna evitò una strage allo Stadio Olimpico durante la partita Lazio-Udinese: i telecomandi delle bombe piazzate in un’auto non funzionarono. Altrimenti, avremmo allungato notevolmente la lista delle vittime innocenti delle mafie.
Con il “senno di poi”, abbiamo compreso che da quelle stragi sono nati i governi e gli assetti costituzionali successivi. Abbiamo dovuto accettare quella che i giuristi definiscono “Costituzione Informale”, basata sulle decisioni contingenti del potere esecutivo, che da un lato nascondeva i suoi legami con le mafie, ma dall’altro cercava di migliorare l’assetto normativo intorno ai mafiosi.
Negli ultimi anni sono emerse molte verità sulla “Trattativa Stato-Mafia”. Molti protagonisti di quell’epoca sono ancora attivi, con il concreto rischio di ritornare al potere. La cosa più inquietante è che per anni e forse ancora oggi la verità su questi fatti è stata considerata un’ “opinione politica”, fino a quando non è divenuta un atto giudiziario, anche se oggi potrebbe sembrare irrilevante a causa del tempo trascorso.
L’Italia tende a dimenticare velocemente, e con una certa inclinazione verso il razzismo xenofobo-religioso, potrebbe rilegittimare figure come Hitler, Mussolini, Riina e Provenzano, persino Berlusconi (che sta risalendo nelle preferenze). Tutto ciò senza dimenticare di celebrare i martiri della Repubblica.