I Sigur Rós sono un gruppo musicale post-rock islandese formatosi a Reykjavík nel 1994.
Il 4 gennaio 1994 Jón Þór Birgisson, Ágúst Ævar Gunnarsson e Georg Hólm diedero vita ai Sigur Rós, il cui nome deriva da quello della sorellina di Birgisson, Sigurrós (Rosa della Vittoria), nata proprio qualche giorno prima, il 28 dicembre. Il trio cominciò subito a registrare il loro primo album; per il loro primo singolo Fljúgðu impiegarono appena sei ore. Grazie a questo brano il gruppo trovò subito un’estimatrice, la ben più famosa conterranea Björk, che fece pubblicare il brano nella compilation che celebrava il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza islandese.

Dopo questo inizio folgorante si presentarono i primi problemi: innanzitutto economici (lo studio venne pagato riverniciando le pareti), gli studi di Georg in Inghilterra, gli impegni di Birgisson con un altro gruppo, i Bee Spiders. Inoltre, alla fine delle sessioni di registrazione le canzoni erano completamente differenti dalle versioni originali. Allora il gruppo prese in considerazione l’ipotesi di ricominciare tutto da capo, ma rinunciarono perché l’operazione sarebbe durata troppo a lungo.

Rancio Fellone 2016 e Chele n’goppe o’gruv puort’o bit, Vai!
Il vé, camminé, pur lo scogl, avec lu chelon, le range fellon le range fellon
Il vé camminé, le range fellon
Il s’arrampica da lu scogl de la Gaglioul
finu a lu Virgilien e trov munnes pe tut part
che l’umanité jet quand se va’ fa le sciascel ngoppe a muntagnel
le range fellon scend par Pusillipe arrive a Mergellein
e trov nu scogl ricupert de scement
Purcua’ l’umanité tene che s’abbusch le sord
a ricuprir tut de merd Il s’a domand purqua,
e caminand caminand arrive a pizza Bellein
il trov na guer, divastante! spritz contro sritz nella testa della jaente
per le strrad le fa sta distrut, interrat, e poco cumbativ
Cammina, e arrive vers Marcianise, allì addaì…
passan pe Giulien, trov l’Uscen, passan per Meren trov Leruà Marlen,
la vita s’è difisile s’arrive a na discarica de merd.
aro la gent vot sot o tappet tut a munnez c’a ten nguorp
chesta cosa a lu range fellon le fa tant mal piange cammina e va,
il vé… Il vé, camminé, pur lo scogl, avec lu chelon, le range fellon
Parblé, parblé le range fellona bastemmie
bestemmie pur tut la distrusion
purquà il s’arricord lu temp a cu l’omm campav
ensieme a natur felis e invesc mo’ distrug, distrug e nu pens’ais
Nu pens a lu gambaret nu pens a la padel
e pas da la padel a bresc e le range fellon pens e disc:
Umanité, je ne parl pa’, tu ne parl pa’ tu ne parl pa tu me par e pal tu me par u purptiel
Purquà? Le ranf le mettet ovunque pur pigliar la rob le dener
a nascondr la verité nu si fa si vulé vivre ben con lo scogl
purquà lo scogl s’è la liberté, il vé…
Le range fellon distrut da tut chel c’ha vissut
s’arricord lu scogl e decid de turné
se pigl nu passage da lu capitonn co lu capitan da lu baf ros,
parev nu trichec e l’insagné una lege fascil
che la vi se può difendr sul si le rangetel
se mettn co le chel unit e diventn livr, livr
e ritorn a vivr cu la leg d elu scogl
Purquà lu scogl te disc sul: liberté, egalité ma sopratut fratammé!
Il vé, camminé, pur lo scogl, avec lu chelon, le range fellon….

Nicolò Annibale ed i suoi amici sono più o meno dei 20enni. Erano increduli ed emozionatissimi di essere a Music&thecity. Noi ascoltavamo continuamente nuove band e musicisti finchè non trovavamo qualcosa che valesse la pena proporre al pubblico.
Avevo visto il video di Nicolò girato nel suo salotto dall’amico videomaker, e mentre guardavo la batteria montata davanti al divano e le tastiera vicina al camino il pezzo esplode e Nicolò urla a squarciagola e disperato “Lassame sta”, un interpretazione così sentita ed efficace che mi sembrava Cocciante in “Bella senz’anima” (pezzo lento cult della mia generazione, con analoga esplosione finale).
Ho dovuto convincere Marta (18enne) a cantare perchè diceva di non avere voce (in realtà forse era solo bloccata dall’emozione perchè poi ha cantato benissimo).
Tenerezza …

 

Il mio cuore è una goccia di sole
Che serve a scaldarti e a lasciarti fiorire
A crescere i frutti che quì lasceremoIl mio petto è una grotta di luce
Un posto per stringerci e dormire
La mia pancia è una valle di fiori
Per dare ai tuoi occhi i colori che ami
Per dare al tuo naso i profumi che cerchiL’universo è un amore che cresce dentro di noi
Ma esplode nel mondo
E unendo le stelle si disegnano i sogni
E i sogni le nostre emozioniIl mio petto è una grotta di luce
Un posto per stringerci e dormire
La mia pancia è una valle di fiori
Per dare ai tuoi occhi i colori che ami
Per dare al tuo naso i profumi che cerchiL’universo è un amore che cresce dentro di noi
Ma esplode nel mondo
E unendo le stelle si disegnano i sogni
E i sogni le nostre…
L’universo è un amore che cresce dentro di noi
Ma esplode nel mondo
E unendo le stelle si disegnano i sogni
E i sogni le nostre emozioni

Gnut L’ammore ‘o vero

Magari fuss tu l’ammore overo
Io ‘ngopp all’acqua cammenass ‘a pere
‘E viecchie addeventassero criature
E ‘a pietto scumparesse ogni paura
Se overo fuss tu l’ammore eterno
Restasse ‘a primmavera pur ‘a vierno
Nun s’addurmesse l’orso fino a marzo
E ‘a gente nun dicesse ca so pazz’Se overo fuss tu l’ammore eterno
Restasse ‘a primmavera pur ‘a vierno
Nun s’addurmesse l’orso fino a marzo
E ‘a gente nun dicesse ca so pazz’Magari fuss tu l’ammore overo
‘Ngopp all’acqua cammenass ‘a pere
‘E viecchie addeventassero criature
E ‘a pietto scumparesse ogni paura

GNUT Quello che Meriti 

Prenditi le cose importanti
Mettile in tasca e vattene via,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita la tua poesia.
E non lo sapremo mai
A cosa servirà
Tutto questo dolore che c’accompagna,
Forse a sentire più forte il profumo del mare.
Forse in un modo o nell’altro
Ci rende migliori.
E non so chi sarà, e perché,
Ma forse capiremo che
Sarebbe stato meglio ridere,
Sarebbe stato meglio vivere
E non rimandare tutto.
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi.
Che sarà, e perché?
Ma forse capiremo che
Sarebbe stato meglio vivere,
Sarebbe stato meglio vivere
E non rimandare tutto.
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi,
Prenditi quello che meriti
E dona a chi merita quello che puoi.

Dietro il progetto Gnut si cela Claudio Domestico, una tra le migliori voci del cantautorato contemporaneo. Attivo dal 2008, dopo varie pubblicazioni in Italia, tra cui l’album “Rumore della Luce” (2009), sempre prodotto da Piers Faccini, per la prima volta Gnut varca i confini nazionali con “Hear My Voice”, distribuito in formato fisico (vinile 12” edizione limitata) in Francia ed Inghilterra. Questi quattro nuovi brani, scritti dal poeta Alessio Sollo e GNUT, e cantanti in napoletano, sono stati registrati alla fine del 2017 nello studio di Piers nelle Cevennes, in Francia. La voce di Gnut ben si sposa a questi brani, una voce familiare al cantautorato napoletano ma con un timbro moderno che rimanda ad Elliot Smith e Bon Iver. In queste quattro stravaganti composizioni, il mandolino chiacchera con una chitarra tremolo mentre le pelli delle tammorre si fondono con gli accenti della batteria e con i cori . Queste canzoni non raccontano solo di storie d’amore, tradimenti e serenate, ma lasciano trasparire tutto il fascino di una città come Napoli, che vive attraverso la rappresentazione e la reinterpretazione di Gnut!
“Sono quattro canzoni d’amore in una lingua in cui non esiste il verbo “amare”. In napoletano l’amore è solo un sostantivo “l’ammore”. Non è possibile dire in napoletano “ti amo”, sarebbe tradotto con “te voglio ben’”.
Questa cosa spinge i poeti e gli autori di canzoni a cercare delle soluzioni alternative per esprimere i propri sentimenti, come figure retoriche o metafore. Il poeta Alessio Sollo scrive e pubblica sui social, decine di poesie al giorno, ripetendo tutti i gironi questo esercizio stilistico. Questi brani sono il mio tentativo di mettere in musica questa sua attitudine. Da questa collaborazione sono nati quasi tutti i pezzi del disco. Dal punto di vista musicale ho cercato di fondere elementi della mia trazione musicale, “la canzone napoletana”, con altri altri generi più distanti dal mio mondo.
Mi sono ispirato al blues, al folk inglese e alla musica africana del mali. Per questo lavoro è stato naturale cercare un confronto con Piers Faccini che per me resta un grandissimo punto di riferimento e d’ispirazione. Un vero maestro nel miscelare sonorità geograficamente distanti nel rispetto della personalità dell’artista che produce. Per me è un grande onore “ Gnut (Claudio Domestico)

Ama le foglie che il vento ha raccolto
E ammucchiato sui muri
Ama le noie che hanno ucciso
Il rapporto dei tuoi genitori
Ama le mani dell’uomo che è stato
Capace d’andare
E non tornare più

Ama gli armadi dove hai messo a tacere paure e fantasmi
Tutte le volte che hai finto
Di avere magnifici orgasmi
Ama l’ufficio anche se i sogni risiedono altrove
E non pensarci più…
È questione di qualche minuto
E arriva il futuro

Abbi cura di te, abbi cura di te
Origliando l’amore
Abbi cura di tutte le cose
Anche di quelle che fanno dolore
Abbi cura di te, abbi cura di te
Fino all’ultimo giorno
Fino a che questa strada si spenga
Senza fare ritorno

Ama l’insonnia che fissa i tuoi occhi
Dal buio della stanza
E tutti i treni che negli anni
Hanno avuto una falsa partenza
Ama i tuoi errori perché
Prima o poi verranno a trovarti
E non pensarci più…
È questione di qualche minuto
E arriva il futuro

Abbi cura di te, abbi cura di te
Origliando l’amore
Abbi cura di tutte le cose
Anche di quelle che fanno dolore
Abbi cura di te, abbi cura di te
Fino all’ultimo giorno
Fino a che questa strada si spenga
Senza fare ritorno

E non importa se amare
Affatica i tuoi giorni
Abbattendo ogni stupida forma
Perché l’amore che dai
E’ l’amore che torna

E… Abbi cura di te, abbi cura di te
Origliando l’amore
Abbi cura di tutte le cose
Anche di quelle che fanno dolore
E abbi cura di te, abbi cura di te
Fino all’ultimo giono
Fino a che questa strada si spenga
Senza fare ritorno

Maldestro – Canzone per Federica 

Sarà che un giorno si brucia
Come si brucia la vita
Sarà che il tempo lo conti
Appoggiando il naso alle dita

Sarà la legge complessa
Di questa immensa natura
Sarà la forza di piangere
Non lasciarti da sola

Sarà che ogni caduta
È l’inizio di un altro volo
Sarà che il meglio di vivere
Lo trovi in un uomo solo

Sarà che siamo creature
Fatte di polveri e inganni
Per correggerci il cuore
Non basteranno questi anni

Sarà quest’ansia da studio
A farti odiare il mattino
Sarà il silenzio di un padre
A farti amare un bambino

Sarà il tuo libero arbitrio
A incasinarti l’umore
Sarà che siamo architetti
Del nostro stesso dolore

Sarà un tuo vecchio nemico
Il tuo più intimo amico
Sarà l’assenza di Dio
A portarti verso il tuo io

Sarà un tiro di erba
A farti stare una merda
Quando ti scoppia la testa
E vuoi lasciare la festa

Ma tu, cammina, cammina
Accumula strade
Lasciando che tutto si muova

Ma tu, respira, respira
Non chiudere gli occhi
Se il buio della notte ti trova

Sarà che un fiore resiste
Il tempo di una stagione
Sarà che a volte un abbraccio
Lo trovi in una canzone

Sarà la noia degli amici
Di qualche sabato sera
Sarà la mamma in cucina
Che non è più come allora

Sarà ogni porta che chiudi
A mescolarti le carte
Sarà che quando vuoi andare
La moto è ferma e non parte

Sarà che una risposta
La trovi dentro a uno sguardo
Che un incontro perfetto
È frutto di un ritardo (frutto di un ritardo)

Ma tu, cammina, cammina
Accumula strade
Lasciando che tutto si muova

Ma tu, respira, respira
Non chiudere gli occhi
Se il buio della notte ti trova

Balla, da sola oppure in mezzo alla gente
E canta, perché nessuno ti tolga niente

Ma tu, cammina, cammina
Accumula strade
Lasciando che tutto si muova

Ma tu, respira, respira
Non chiudere gli occhi
Se il buio della notte ti trova

Sarà che un giorno si brucia
Come si brucia la vita
Sarà che il tempo lo conti
Appoggiando il naso alle dita

Sarà la legge complessa
Di questa immensa natura
Sarà la forza di piangere

Bio

Maldestro, pseudonimo di Antonio Prestieri (Napoli, 11 marzo 1985), è un cantautore italiano.

Comincia giovanissimo a studiare pianoforte ma durante l’adolescenza si avvicina al teatro e da quel momento decide di dedicarsi completamente alla recitazione, alla regia ed alla drammaturgia. Scrive oltre quindici opere e vince numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2017 partecipa al Festival di Sanremo, nelle nuove proposte, vincendo il premio della critica Mia Martini e altri numerosi premi, tra i quali: il premio Jannacci, premio Lunezia, premio AssoMusica e quello per il miglior videoclip.

Nel 2013 decide di pubblicare alcune canzoni tra le quali “Sopra al tetto del comune” e “Dimmi come ti posso amare”, brani che gli faranno vincere tra il 2013 e il 2014 numerosi premi tra i quali il Premio Ciampi, De André, SIAE, AFI, Palco Libero e Musicultura) e che saranno poi contenuti nel suo primo album Non trovo le parole[1], pubblicato il 14 aprile 2015 e con il quale è arrivato secondo alla Targa Tenco come miglior album d’esordio. Maldestro è stato inoltre inserito nell’album del Club Tenco dedicato a De André.

Nel 2017 partecipa al Festival di Sanremo con il brano Canzone per Federica, classificandosi al secondo posto fra le “Nuove Proposte” e vincendo il Premio della Critica del Festival della canzone italiana “Mia Martini” relativo a tale sezione[3], il Premio Lunezia, il Premio Jannacci, il Premio Assomusica e il Premio Miglior Videoclip.

Il 24 marzo 2017 pubblica il secondo album, I muri di Berlino[5]. Il disco contiene fra gli altri il brano “Abbi cura di te”, che viene inserito nella colonna sonora del film Beata ignoranza.

Il 9 novembre 2018 pubblica il suo terzo disco di inediti Mia madre odia tutti gli uomini. L’album, uscito per Arealive con distribuzione Warner Music, viene anticipato dal singolo “Spine”.

Struggente…come solo una canzone napoletana può essere, Giovanni Block “Core Mio”

Core, core mio, ma c’hê passato?
Hê fatt’ ‘a faccia cchiù janca d’ ‘o cielo ca’ porta ‘a vernata.
Core, core mio, lass’ ‘a paura,
m’arap’ ‘mpietto, accussì guard’ ‘o mare ca s’è fatto scuro.
Core, core mio, damme ‘na voce,
mò vene ‘o tiempo ca te faccio scennere a‘ copp’ ‘a sta croce.

Core, core mio, cu ‘e mmane aizate,
hê fatt’ ‘a guerra a chi guerra t’ha fatto o a chi c’ha pruvato.
Core, core mio, uocchie ‘e criature,
miettete ‘e scarpe e accummuogliate bbuono; nun stà semp’ annure.
Core, core mio, damme ‘na voce,
mò vene o’ tiempo ca te faccio scennere ‘a copp’ ‘a sta croce.


Giovanni Block (Napoli, 21 marzo 1984) è un cantautore, compositore e produttore discografico italiano. Nel novembre del 2007 ha ricevuto la Targa Siae/Club Tenco del Premio Tenco come miglior autore emergente, nel giugno 2009 il primo premio assoluto del Festival Musicultura e nel 2010 il Premio Buscaglione ricevendo inoltre un premio speciale dall’Università delle Marche per il miglior testo.