Trains · Porcupine Tree

Trains · Porcupine Tree

I Porcupine Tree sono stati un gruppo musicale rock progressivo e sperimentale britannico.

L’origine del gruppo risale ai primi anni ottanta, quando il cantante e chitarrista Steven Wilson partì con il suo progetto da solo, suonando tutti gli strumenti e cantando. Il primo periodo ha mostrato chiaramente l’influenza del rock progressivo degli anni settanta e per molti anche quella dei Pink Floyd, nonostante il leader Steven Wilson abbia sempre voluto precisare che tra le loro fonti primarie d’ispirazione non vi sono i Pink Floyd.

Con l’evolversi del progetto, la band è cresciuta nei suoi componenti e, fino allo scioglimento nel 2010, era composta da: Steven Wilson (chitarra e voce), Richard Barbieri (tastiere), Colin Edwin (basso) e Gavin Harrison (batteria), che aveva sostituito nel 2002 il batterista precedente, Chris Maitland. Notevole resta agli occhi di tutti la peculiare indole espressiva dei testi, scritti quasi interamente da Steven Wilson, che distingue l’originalitĂ  e la poeticitĂ  singolare della band inglese dalle numerose altre del medesimo scenario progressive. Alcuni testi del concept album Fear of a Blank Planet sono stati riportati nell’antologia del manuale di letteratura inglese Hammerwit.[senza fonte]

Noto per essere uno stacanovista, Wilson è stato coinvolto sia come ingegnere del suono sia come musicista in un gran numero di progetti. Alcuni lo hanno visto coinvolto in prima persona: No-Man, Bass Communion, I.E.M. e i piĂą recenti Blackfield e Storm Corrosion; altri lo hanno visto collaborare dall’esterno: Anathema, Marillion, Fish, Cipher, Opeth, Ian Anderson, Anja Garbarek, piĂą recentemente i Pendulum ed altri, dimostrando di possedere una vasta collezione di talenti.

Porcupine Tree In Absentia

In Absentia

Testo
Train set and match spied under the blind
Shiny and contoured the railway winds
And I’ve heard the sound from my cousin’s bed
The hiss of the train at the railway head
Always the summers are slipping away
A 60 ton angel falls to the earth
A pile of old metal, a radiant blur
Scars in the country, the summer and her
Always the summers are slipping away
Find me a way for making it stay
When I hear the engine pass
I’m kissing you wide
The hissing subsides
I’m in luck
When the evening reaches here
You’re tying me up
I’m dying of love
It’s OK


Testo (tradotto da google)
Allenati insieme e partita spiati sotto il cieco
Lucidi e profilati i venti ferroviari
E ho sentito il suono dal letto di mia cugina
Il sibilo del treno alla testa della ferrovia
Le estati stanno sempre scivolando via
Un angelo di 60 tonnellate cade sulla terra
Un mucchio di vecchio metallo, una sfocatura radiosa
Cicatrici in campagna, l’estate e lei
Le estati stanno sempre scivolando via
Trovami un modo per farlo rimanere
Quando sento passare il motore
Ti sto baciando ampiamente
Il sibilo si attenua
Sono fortunato
Quando la sera arriva qui
Mi stai legando
Sto morendo d’amore
Va bene

Video molto bello

La concettualizzazione per il video è iniziata nel luglio del 2011 e ha iniziato la produzione a fine settembre. La storia segue una giovane donna che porta un fardello difficile e doloroso, trascinando ossessivamente dietro di sĂ© una grande bara di legno. Le sue intenzioni sono incerte, mentre incontra quattro spiriti lungo la strada – la Terra, il Deserto, gli Illuminati e i Devoti – come fari che guidano il suo cammino. Lo scopo finale del suo viaggio si rivela lentamente attraverso i suoi incontri con questi spiriti.

Il ruolo principale è stato volentieri assegnato a Rebekka KolbeinsdĂłttir, un’attrice di eccezionale talento e musicista versatile. L’entusiasmo e l’impegno di Rebekka per il progetto sono stati immediatamente evidenti e non c’è dubbio che “Fjara” sarebbe un video completamente diverso se non fosse stata coinvolta. Indossare un abito da sposa sottile a metĂ  novembre, a piedi nudi, tirare una bara quasi il doppio del peso attraverso il deserto islandese non è un compito facile.

L’intento originale era di girare il video e completarlo prima che “Svartir Sandar” fosse pubblicato il 14 ottobre, ma a causa della crescente complessitĂ  di queste ultime scene, del considerevole tempo necessario per la postproduzione e di alcuni dei periodi piĂą terribili e spiacevoli finora quel mese “Fjara” non fu completato fino all’inizio di gennaio. Per fortuna, abbiamo avuto il privilegio di lavorare con i membri estremamente entusiasti di SĂłlstafir, che sono sempre rimasti diversi passi avanti per assicurare che la produzione procedesse senza intoppi. Kolla JĂłnsdĂłttir ha prestato generosamente il suo tempo e la sua esperienza nella progettazione dei costumi e nel trucco, e Jakob Veigar SigurĂ°sson ha aiutato a trovare luoghi fantastici e assicurarsi che la squadra avesse dei posti dove stare.

Le riprese sono terminate a fine novembre, in una domenica mattina particolarmente memorabile e insolita. Con solo l’ultimo colpo rimasto, l’equipaggio arrivò alla cascata di SkĂłgafoss all’alba. Nel corso dell’ora successiva, la bara di legno da 70 kg fu portata in cima alla cascata, fissata con galleggiamento e una piccola videocamera impermeabile ContourHD, e accuratamente abbassata nell’acqua corrente. Con solo un cordino elastico e una corda legati intorno alla sua vita, il batterista dei SĂłlstafir GuĂ°mundur Ă“li Pálmason, si avventò nell’acqua e tirò la bara al centro del torrente, a pochi metri dal bordo delle cascate. Fu citato in quel momento, dicendo “Non sono davvero nervoso per andare oltre, sono solo pronto a sbarazzarmi di questa cosa!”

Dopo quasi un’altra ora di preparazione e accurati aggiustamenti a metĂ  flusso, la bara finalmente raggiunse il bordo di SkĂłgafoss e precipitò in modo spettacolare verso il basso fino alla sua fine esplosiva. Con sorpresa di tutti, la macchina fotografica che avevamo attaccato alla bara è stata recuperata con successo ed è l’ultima foto ad apparire nel video.

I registi e la band desiderano ringraziare tutti coloro che sono stati coinvolti nella produzione di “Fjara” e spero che vi piacerĂ !

Otto – Dietro un vetro

otto #apogeorecords #newgeneration

Regia di Alessandro Freschi (Fré)
Soggetto di Lorenzo Campese
Prodotto da Simone Morabito e Stefano Bruno (Riva)
Mix: Matteo Cantaluppi
Mastering: Giovanni Versari
Label: Apogeo Records/New Generation
Testo e musica: Lorenzo Campese

Ascolta su Spotify: https://spoti.fi/2KPGvcn

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Alessandro Bellomo: batteria e cori
Andrea Verde: chitarra elettrica
Marco Maiolino: basso
Lorenzo Campese: voce, synth
Stefano Bruno: tastiere
Simone Morabito: cori

Le attiviste di Ni una menos non ci stanno e dicono che è stata “Violata, torturata ed esposta impiccata come un trofeo”

Dopo aver partecipato alle prime manifestazioni di protesta per il rincaro dei biglietti della metro, Daniela Carrasco, artista di strada di 36 anni, nota come “El Mimo”, è stata trovata impiccata lo scorso 20 ottobre in uno dei quartieri periferici di Santiago del Cile.

Ma il rapporto del medico legale e le dichiarazioni della Procura (che ha avviato un’indagine ancora in corso sulle cause e circostanze della sua morte), consegnate alla famiglia 3 giorni dopo il suo ritrovamento, Daniela Carrasco sarebbe morta per soffocamento per impiccagione e sul suo corpo non ci sarebbero lesioni fisiche attribuibili a violenze sessuali. Tutto questo farebbe propendere per un caso di suicidio.

Questa ipotesi è stata immediatamente respinta dalla coordinatrice di “Ni Una Menos – Chile” che, pochi giorni dopo la morte del mimo, aveva dichiarato che “Daniela è stata violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”, e dalla rete di attrici cilene che avevano denunciato che Carrasco “è stata rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre” e avevano fatto un appello al governo e alla ministra Isabel Pla affinchĂ© fosse fatta luce sulla morte dell’artista di strada e su altre 12 denunce di violenza sessuale da parte delle forze dell’ordine.

Questa notizia è arrivata in Italia con un mese di ritardo, condivisa inizialmente sui social nella versione dell’artista di strada “torturata e uccisa dalla polizia cilena”, rilanciata da gruppi come “Non Una di Meno”