Non c’è da stupirsi: nel pieno della confusione collettiva legata all’emergenza coronavirus, c’è chi non perde occasione per speculare sulla paura. Matteo Salvini, il maestro della propaganda, torna puntuale all’appuntamento con il caos. Per lui, ogni crisi è una potenziale opportunità elettorale, e la salute pubblica sembra interessargli solo in funzione del prossimo sondaggio.

Oggi mi sono imbattuto in uno dei suoi ennesimi post allarmistici su Twitter. Ha fiutato la notizia dell’arrivo del virus anche in Italia e, come un esperto di marketing del panico, ha subito colto la palla al balzo per lanciare l’ennesimo messaggio ansiogeno. Il pubblico? Quello stesso popolo che, dai tempi della TV generalista berlusconiana, si è semplicemente spostato sugli schermi degli smartphone — e ora riceve la dose quotidiana di paura direttamente dal profilo di Matteo.

Salvini è un trasformista: comunista, fascista, populista, purché funzioni. L’importante è mantenere alto l’engagement. È figlio della televisione commerciale, uno che in un’altra vita avrebbe venduto pentole con Mike Bongiorno. E con lo stesso entusiasmo.

Il suo modus operandi ricorda certe figure locali: come quel sindaco del mio territorio che tiene ancora accese le luminarie natalizie nonostante sia quasi febbraio. Un gesto che sfida ogni logica di risparmio energetico, ma utile a mantenere viva l’illusione e l’ego. Recentemente premiato da un portale online come “miglior sindaco”, sarebbe capace di tutto per una comparsata in TV — magari anche pagandola il doppio della tariffa normale.

Alla fine, sembra proprio che l’Italia sia ancora popolata da “italioti” con l’anello al naso. E in fondo, Silvio ci aveva visto lungo.

#mavevulitescetà?