Origini e formazione

Diane Arbus, nata Diane Nemerov il 14 marzo 1923 a New York, crebbe in una famiglia ebrea di origine russo-polacca benestante, proprietaria dei grandi magazzini Russeks sulla Fifth Avenue. Cresciuta da governanti e governi­stanti, visse un’infanzia caratterizzata da isolamento familiare e dallo spettro della depressione materna.

A soli 18 anni sposò Allan Arbus, anch’egli ebreo di New York e fotografo; insieme aprirono un’attività nel mondo della moda. Diane però trovò quel lavoro “deprimente e umiliante”, desiderando esprimere sensibilità autentiche e intime.

Il passaggio alla fotografia etica e personale

Negli anni ’50, sotto l’influenza di mentori come Lisette Model e Marvin Israel, Diane iniziò a distaccarsi dalla fotografia commerciale. Model le insegnò l’importanza dell’osservazione interiore: “più sei specifico, più diventa universale”. Passò a una Rolleiflex, preferendo il formato quadrato, la luce flash per isolare i soggetti, e un approccio frontale e diretto, senza idealizzazione.

La svolta arrivò intorno al 1962: l’era delle “persone ai margini” come ci da­nzatori, travestiti, gemelli identici, individui giganti affetti da anomalie fisiche — soggetti che non cercavano pietà ma dignità.

L’universo umano di Arbus

La sua opera esplora l’umanità con assoluta lucidità: il suo celebre Child with toy hand grenade ritrae Colin Wood con uno sguardo teso e una bomba giocattolo, e fu venduto per oltre 700 000 $ . Altri soggetti iconici includono i banbini gemelli, la triplette in Jersey e persone transgender, artisti circensi, individui con disabilità mentali — sempre con uno sguardo empatico ma non cambiato ad arte.

Diana, la fotografa ebrea e il “gigante ebreo”

Arbus mantenne un rapporto complesso con le radici ebraiche. Documentò membri della comunità ebraica americana, includendo figure come Eddie Carmel, il “gigante ebreo”. La sua fotografia A Jewish Giant at Home with His Parents in the Bronx, N.Y., 1970 ritrae Carmel in tutta la sua imponenza insieme alla famiglia, suscitando un senso di stupore e umanità fragile. Questa immagine fu tra le ultime scattate da Arbus e rimane centrale nel percepito del limite tra stravaganza e realtà umana.

Tormento personale e fine tragica

Pur ricevendo riconoscimenti come due borse Guggenheim (1963 e 1966), Arbus visse una vita tormentata: episodi depressivi, instabilità emotiva e un malessere profondo esacerbato dallo stesso peso del suo talento. Il 26 luglio 1971 si suicidò all’età di 48 anni.

EreditĂ  e influenza

Postuma, nel 1972 fu la prima fotografa americana selezionata per la Biennale di Venezia. Quell’anno MoMA organizzò una retrospettiva che divenne l’esposizione più vista nella storia del museo. Le sue fotografie hanno continuato a stupire il pubblico e il mercato dell’arte per decenni.

Nel 2025, la mostra Diane Arbus: Constellation al Park Avenue Armory ha presentato 454 fotografie in un allestimento non cronologico e senza didascalie, amplificando l’effetto viscerale delle immagini: sguardi potenti che inducono lo spettatore a confrontarsi con l’inconosciuto e con la propria immagine riflessa


Perché Diane Arbus conta ancora oggi

  • Ha ampliato le frontiere del ritratto fotografico, mostrando che la presenza umana autentica non richiede spettacolo o bellezza convenzionale.

  • Ha indagato la marginalitĂ  con rigore etico, evitando pietismi o sensazionalismi.

  • Ha evidenziato come l’altro possa riflettere qualcosa di noi stessi, invitando alla riflessione interiore con opere visivamente intense ma emotivamente dense.

  • La sua vita incarna la sfida esistenziale dell’artista, dove la passione si intreccia con il dolore esistenziale.

Diane Arbus rimane figura di riferimento per fotografi, studiosi e appassionati d’arte che vogliono esplorare i limiti, la diversità e la dignità nascosta nelle persone. La sua opera resta un invito a guardare – davvero senza censure – ciò che siamo.