Pura new wave, quella degli inizi.
Siamo negli anni 80, Reagan è al potere con il suo “edonismo”, e il mondo attraversa un momento di assurda cecità. L’imperialismo nazionalista americano torna alle vette impensabili appena pochi anni prima, il mondo occidentale è preda del consumismo più sfrenato, i movimenti ideologici giovanili e proletari degli anni 70 sono solo un ricordo.
Quando ascoltai Doot doot la prima volta, ho visto il futuro. La sintesi FM (la yamaha Dx) era ancora da venire, tutti i suoni erano concepiti con i vecchi analogici con gli oscillatori ad onda. All’epoca c’era il fair light, la prima forma di sintesi generata da un vero e proprio PC, che pagavi fino a 150 milioni di lire, gli americani con il moog, il Kurzweil, e la scuola della solidissima sintesi nordeuropea (la tedesca PPG wave) , quasi completamente ignorata dal mercato a favore dei colossi giapponesi, korg, yamaha, roland.
Ma rendevano benissimo l’idea.
Per quanto banale, nel contenuto, forse rispecchiando proprio la crisi dei valori del periodo, doot doot è sicuramente una pietra miliare, nella musica elettronica, passata completamente inosservata.
Da ascoltare anche I New Music, molto più radicali nelle loro scelte, mentre “provano” i primi campionatori in Warp.