Scandalo al sole – quella melodia che ha segnato l’estate della nostra infanzia e della nostra giovinezza, era una colonna sonora per sogni che non ci appartenevano, ma che ci facevano immaginare. Un’estate incastonata tra i sorrisi misteriosi di Brigitte Bardot, Sophia Loren , personaggi che sembravano danzare su spiagge incantate, sospesi in una felicità malinconica, consapevoli che il sole, presto o tardi, sarebbe tramontato anche su di loro. Avevamo una radio a transistor a batteria, dove ogni tanto suonavano gli Intilimani con il loro caratteristico flauto traverso, Serge Gainsbourg & Jane Birkin con Je t’aime… moi non plus, Claudio Baglioni con E tu, Mina, Lucio Battisti… e ogni tanto arrivava A summer Place a ricordarci che altrove esisteva un’altra estate, più felice, talmente felice da diventare malinconica perchè la felicità non dura mai toppo a lungo.

Noi, con i nostri abiti di cotone leggero e le radio che gracchiavano in sottofondo, sognavamo quelle estati dorate: Capri con le sue grotte segrete, Portofino che brillava di eleganza e mistero, e la Riviera dei Fiori, profumata di promesse lontane. Erano luoghi che abitavano le riviste patinate e i cinema all’aperto, ma per noi restavano come dipinti da ammirare dietro una vetrina.

Intanto, con la nostra piccola 600, ci avventuravamo verso Licola o Varcaturo. Carichi di ombrelloni, borse di paglia e quel profumo di crema solare che ancora oggi ci riporta lì, sotto un cielo azzurro che per noi era il più bello del mondo. Non c’erano yacht, ma secchielli e palette. Non c’erano resort di lusso, ma il gusto semplice di una frittata di maccheroni e un’anguria tenuta fresca nella borsa termica. Il lido si chiamava L’oasi del mare, esiste ancora, qualche volta sono passato da quelle parti a raccogliere un po di nostalgia ma non c’era più quella magia, e gli spazi pur essendo gli stessi, mi sembravano diversi.

In quelle giornate c’era una magia unica, un senso di libertà fatto di piccole cose. La pelle scaldata dal sole, la promessa di un gelato al ritorno, quei tramonti bellissimi.

La musica di Scandalo al sole ci faceva sognare, ma anche insegnava qualcosa: che la bellezza sta nei momenti che viviamo, ovunque ci troviamo. Che la malinconia del “prima o poi finirà” è la stessa ovunque, su una spiaggia di Portofino o su quella di Varcaturo. Ed è proprio quella consapevolezza che rende tutto più prezioso, più autentico.

C’è un’amarezza profonda, un dolore che affonda le radici nelle tue ingiustizie, nei tuoi criteri distorti. È una tristezza antica, che risale a politiche marce, ad abusi di potere, a un sistema corrotto di familismi e clientele. Ho lottato con tutte le mie forze per trovare un posto dentro di te, per comprendere e adeguarmi al tuo mondo; ma è stato come combattere contro i mulini a vento. Ho cercato di sopportare, di adattarmi ai tuoi schemi, eppure più mi sforzavo, più avvertivo un peso insostenibile, una desolazione che mi scavava dentro. Non è il mio mondo, eppure l’hai invaso, l’hai asfaltato, più e più volte, come una macchina inarrestabile. Ho continuato a credere di non essere io l’anomalia, l’errore; e anche se molte cose sono già cambiate, tu rimani come un’ombra pesante che, purtroppo, dovrò sopportare per il resto dei miei giorni. Appartieni al mio tempo, un’eredità scomoda di cui non posso liberarmi, anche se il mondo corre verso nuovi pericoli e minacce, figlie, in fondo, proprio di ciò che tu rappresenti.