Mumford & Sons – Hopeless Wanderer

I Mumford & Sons sono un gruppo musicale indie folk formatosi nel 2007 a Londra.

Marcus Mumford – voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, batteria, mandolino
Winston Marshall – chitarra resofonica, chitarra elettrica, banjo, basso, cori
Ben Lovett – organo, tastiere, cori, fisarmonica
Ted Dwane – contrabbasso, batteria, basso, cori

Di Cecilia Donadio & Felice Iovino.
Girato in un solo giorno nel Gennaio del 2016, Suncity, è un percorso nella musica e l’arte di strada a Napoli.
E’ passato un anno dal quel “one day shot ” in cui facemmo una serie di incontri fortuiti, con artisti, personaggi, emozioni e sensazioni irripetibili.
“Buona la prima”, quindi, non c’era tempo per ripetere, la magìa si avverava, metro dopo metro, pedalata dopo pedalata, quel “palco a cielo aperto” chiamato Napoli, apriva il suo sipario, donandoci il privilegio di assistere al suo “spettacolo di musica e arte varia”.
Ogni suono aveva la sua storia, ogni artista la sua poesia, i suoi sogni, e qualche volta il suo dramma.
Cecilia si è messa in gioco, smettendo i panni istituzionali della giornalista e conduttrice dei TG RAI e inforcando la sua bici buttandosi in questa bellissima avventura.
Io invece mi rivedo con la mia macchina da presa, (le mia vecchia, cara C100) per realizzare la passione di sempre: il cinema.
Sono felice.
Il cortometraggio è stato presentato al Napoli Film Festival 2016

Cinemabreve

L’articolo de “Il Mattino”

The Psychedelic Furs è un gruppo musicale post-punk inglese degli anni ottanta con Richard Butler come frontman ed autore principale.

Lyrics:

Heaven is the home of our hearts
And heaven won’t tear you apart
Yeah heaven is the home of our hearts
And heaven don’t tear you apart

There’s too many kings wanna hold you down
And a world is a window gone underground
There’s a hole in the sky where the sun don’t shine
And a clock on the wall and it counts my time

Pura new wave, quella degli inizi.
Siamo negli anni 80, Reagan è al potere con il suo “edonismo”, e il mondo attraversa un momento di assurda cecitĂ .  L’imperialismo nazionalista americano torna alle vette impensabili appena pochi anni prima, il mondo occidentale è preda del consumismo piĂą sfrenato,  i movimenti ideologici giovanili e proletari degli anni 70  sono solo un ricordo.
Quando ascoltai Doot doot la prima volta, ho visto il futuro. La sintesi FM (la yamaha Dx) era ancora da venire, tutti i suoni erano concepiti con i vecchi analogici con gli oscillatori ad onda. All’epoca c’era il fair light, la prima forma di sintesi generata da un vero e proprio PC, che  pagavi fino a 150 milioni di lire, gli americani con il moog, il Kurzweil, e la scuola della solidissima sintesi nordeuropea (la tedesca PPG wave) , quasi completamente ignorata dal mercato a favore dei colossi giapponesi, korg, yamaha, roland.

Ma rendevano benissimo l’idea.
Per quanto banale, nel contenuto, forse rispecchiando proprio la crisi dei valori del periodo, doot doot è sicuramente una pietra miliare, nella musica elettronica, passata completamente inosservata.

Da ascoltare anche I New Music, molto piĂą radicali nelle loro scelte, mentre “provano” i primi campionatori in Warp.

Haux – Seaside

Non mi va di pensare.
Ne di tirare le somme, scoprire chi vince e chi perde.

Ma una cosa la so: Tu non hai vinto e non vincerai,
perché in tanti sono testimoni di quello che fai,
tu e il tuo fottuto sistema di complicitĂ 
basato sul familismo amorale e i suoi “simpatizzanti”.
Tu non hai vinto, perché non si vince occultando la verità e le persone
sporcandole a tutti i costi per continuare nei tuoi traffici.
Non si vince quando non si lascia niente
che valga la pena ricordare,
Non vinceresti nemmeno se trasformassi la mia vita
in una parete a picco, da scalare con le mani,
perchè non puoi fermare i fiumi, ne contenere il mare.
Rappresenti la maledizione del nostro tempo,
un brutto vecchio strascico che tende ad amplificarsi,
perpetrando all’infinito il tuo modo di agire e pensare,
facendolo diventare “sistema”.
Nel frattempo mi ispiri.

Je song’ ‘o popolo

felice iovino

je song”o popolo
so a base e sta piramide
e piglio cavece si m’arrampico
… ma po care
je songo ‘e lacreme
ca scenneno dint”o scure
je song ‘o nord, ‘o sud
e ‘a fabbrica ca chiure
Song”a bulletta
ca te studìe a tre semmane
e song”o stato ca te sfrutta
e te mantene ‘e mmane
je songo arraggia che
te saglie chiane chiane
je so chill’attimo
“che aret nun se torna”
je song”o specchio
ment stai currenne
co core ca te fuje a piette
l’ultima faccia che vire,
e che vulisse cancellĂ 
je song o tiempe, so l’aria,
so stu peso ca siente,
Je songhe a vita,
ca pe te nun vale niente
je so a rinuncia
e chille ca s’arrenne
e so colpevole quanne
“figlieme è innocente”
je so sta ruga
che jere nun tenive
je songhe o sanghe
e so o sudore
je song o popolo
e nun tengo addore

felice iovino

trad.
io sono il popolo
in fondo alla piramide
io prendo calci
se mi arrampico
ma poi cado
sono le lacrime
che scendono nel buio
io sono il nord, il sud
sono la fabbrica che chiude
sono la bolletta
che sta li da settimane
sono lo stato che ti sfrutta
e che lega le tue mani
sono la rabbia
che ti sale piano piano
io sono quel giorno
e sono l’attimo
che indietro non si torna
Sono lo specchio mentre scappi
con il cuore in gola
l’ultima faccia che vedi
e che vorresti cancellare
sono il tempo, l’aria,
il peso che ti senti
sono la vita
che per te non vale niente
sono la rinuncia
di chi si arrende
sono colpevole quando
“mio figlio è innocente”
sono la ruga
che ieri non avevi
sono sangue e sudore
io sono il popolo
e non ho odore