I ritornelli – definiti da New Music Express “most explosive chorus” – che nella storia della musica hanno fatto più cantare o piangere o scatenare in pista. O tutte e tre le cose insieme.

Di seguito la Top 10 dei ritornelli più esplosivi che vede in testa gli Oasiscon “Don’t Look Back in Anger”, secondo singolo estratto della band inglese da “(What’s the Story) Morning Glory?” del 1995.

01. OASIS “Don’t Look Back in Anger”
02. THE RONETTES “Be My Baby”
03. THE KILLERS “Mr.Brightside”
04. KINGS OF LEON “Sex On Fire”
05. MUSE “Plug In Baby”
06. BLUR “Song 2”
07. ARCTIC MONKEYS “I Bet You Look Good On The Dance Floor”
08. THE STONE ROSES “She Bangs The Drums”
09. BON JOVI “Livin’On A Prayer”
10. METALLICA “Enter Sandman”

Le opere d’arte di Tony Afeltra ed enogastronomia di eccellenza 

Agerola. Dopo il grande successo della mostra Oniric Vision, arriva al Campus Principe di Napoli di Agerola, il secondo importante momento espositivo, che vede protagonista l’artista Tony Afeltra, con una personale dal titolo “Metamorfosi”. Per l’evento in programma dal 12 al 30 aprile, e curato dal critico d’arte Pasquale Lettieri, docente all’Accademia di Belle Arti di Napoli, saranno presentate circa trenta opere tra dipinti, sculture e installazioni. Tony Afeltra è un artista polipoetico, che coniuga un potente espressionismo ad una straordinaria manualità e conoscenza dei materiali, maturata grazie allo studio accademico urbinate e alla stretta collaborazione con il maestro dell’arte povera Pier Paolo Calzolari. Le opere presentate ad Agerola sono morfologie dell’identità cangiante, in cui vita e morte, splendore e decadenza, si legano a doppio filo, determinando una categoria speciale dell’apparenza senza essenza e dell’essenza che sfugge all’apparenza per farsi codice dell’imperfezione, che si proietta sull’idea di bellezza, chiudendola in una parentesi di durata e forma molto incerte. “Niente appare per quello che è nelle opere di Afeltra, -evidenzia Pasquale Lettieri – non solo a causa del travestimento delle cause e degli effetti in una antinomia, per la scena in cui l’artista ci coinvolge, e dimostra l’indimostrabile di una unità di essere e tempo che non si cura della bellezza, ma la fa diventare una misera coscienza dell’umanità, che tutti vogliono prolungare all’infinito con effetti speciali, e che Afeltra stravolge con una serie di metamorfosi che ci riconducono ad Apuleio e di location che scendono dall’alto di una architettura e di un paesaggio che non perdonano: le nostalgie e il fascino inquieto dei non-luoghi”. Nei giorni 12 e 13 aprile in concomitanza con l’apertura della mostra si terrà la prima edizione del Campionato dell’Aperitivo – Trofeo Sapori di Napoli, la prima ed unica rassegna in Italia interamente dedicata all’aperitivo. Organizzato dall’associazione “Aperitivo Food & Drink” di Marta Karol, con il supporto dell’azienda “Sapori di Napoli”, dello chef imprenditore Gennaro Galeotafiore. Il Campionato dell’Aperitivo nasce da un’idea di Sergio Sbarra, avvocato, giornalista e organizzatore di eventi noto come “Avvocato Gourmet“, Dante Marra, senior business consultant ed esperto di food e drink, Claudio Gionti, consulente e docente universitario esperto di marketing e comunicazione e Michele Galeotafiore, esperto di nuove tecnologie. “Si incontrano, così, tanti e tanti, percorsi personali, sottolinea Raffaele Iervolino, docente universitario e giurista, tra i promotori dell’evento – costruiti sul pontile della libertà e della ricerca, nell’area di una centralità culturale, spirituale, che deve presiedere alla creazione della singolarità, dello spessore in cui ognuno misura se stesso, nell’invisibile dei segni, dei desideri, delle speranze, delle delusioni e del visibile, che vuole fuggire al nulla, apparire, essere”. E continua: “La persistenza della memoria storica, individuale e collettiva, per quanto opinabile, selettiva e spesso contraddittoria, fa da strato, da comune riferimento, che non è solo linguaggio tecnico, ma un modo di esprimersi, fatto di confluenze e di alchimie, di desideri e di paure, di sogni e di ossessioni, che ognuno si porta con sé, come bagaglio reale e virtuale, che mette a disposizione del nuovo e del diverso, combinandosi con le valenze disseminanti e affabulanti, della dimensione babelica del mondo”. Per info e prenotazioni www.campusprincipedinapoli.it.

👉 Il libro di Travaglio è un’analisi della situazione in Ucraina a partire dal 2014, quando ebbe inizio la crisi politica e la guerra nell’est del Paese. Travaglio analizza le cause e le conseguenze di questa guerra, il ruolo delle potenze straniere e dei media, e critica il modo in cui la crisi è stata gestita dall’Unione europea e dal governo italiano. 📌 Vai al libro: https://ilfat.to/scemidiguerra

Joey DeFrancesco è morto nell’agosto del 2022, e stamattina mi sono imbattuto in un vecchio post di una sua session di I Wish , un esecuzione fantastica, dove il suo suono inconfondibile mi da sempre delle grandi emozioni.
Era un pò di tempo che non lo ascoltavo e non sapevo della sua morte. Joe è stato un organista jazz, tra i più grandi di tutti i tempi. Ha dato allo strumento un nuovo lustro sfruttandone le grandi potenzialità andando forse anche oltre. Usava la pedaliera come un jazz bass cosi solitamente nei suoi concerti non aveva bisogno di bassista. Il suono del suo Hammond, talvolta caldo e avvolgente altre volte tagliente esprimeva qualcosa di ineguagliabile dalle tastiere e dai plugins in circolazione. Certo, non è facile trovare quel suono con un hammond ed un Leslie, servono anni di esperienza sulla posizione e l’equalizzazione dei microfoni.
Non sono molti quelli che suonano l’Hammond a quei livelli, e soprattutto non sono bianchi: Eddie Howard Jr, Kyle Roussel, Cory Henry , John Peters sono degni di nota.

Joey DeFrancesco Trio “Never Can Say Goodbye” live at Java Jazz Festival 2011

Altri Organisti Jazz

Eddie Howard Jr

Qui troviamo Eddie Howard Jr in un Hammond center

Kyle Roussel Organ Trio – Live from the Jazz & Heritage Center (2018)

Cassiodoro Vicinetti
Olindo Brodi, Ugo Strappi
Sofio Bulino, Armando Pende
Andriei Francisco Poimò

Tristo Fato, Quinto Grado
Erminio Pasta, Pio Semi
Ottone Testa, Salvo Croce
Facoffi Borza, Aldo Ponche (o Punch)
Uno andò saldato
Uno vive all’estro
Uno s’è spaesato
Uno ha messo plancia
E fa il trans-aitante
Uno fa le more
Uno sta invecchiando
Perché è
Un nobile scotch

Uno fa calzoni
Dai risvolti umani
Uno ha un solo naso
Uno ha mani e polsi
Uno è su due piedi
Uno è calvo a onde
Uno si nasconde
Poi non sa
In che vano sta
Un viso ucciso dal pensiero
Un tal con voce da uccelliera
Un sostituto a sua insaputa
E un misto storie e geografie

Uno per uno li ricorda,
L’orchestra mentre si accorda
La verità viene sempre a palla
Dolce chi era sei tu

Il maestro solitario
Fischietta ariette d’oblio
(Sei tu)

I dimenticati
Ce li ha tutti in testa
Gli altri sono entrati
Chi da sé
Chi dalla finestra

C’è il direttore, l’orchestra c’è
Apparecchiati sul buffè
Son mantecati
I dimenticati

Se il pasticcino ha un senino in se
Del maraschino effetto è
Uno nel rinfresco
Pensa “È peggio se esco”

Un altro, un altro deglutisce
Volentieri gradisce
Non si capisce chi mangi chi
Non gli rincresce
“Grazie sì, grazie sì”

All’apice della sua popolarità, Lucio Battisti prese una decisione audace: abbracciare il nuovo, esplorare territori musicali inesplorati e spingersi oltre i confini della canzone tradizionale. Senza preoccuparsi del disorientamento del pubblico o dello stupore della critica, Battisti ci regalò cinque album letteralmente rivoluzionari tra il 1986 e il 1994: “Don Giovanni,” “L’apparenza,” “La sposa occidentale,” “Cosa succederà alla ragazza,” e “Hegel.”

Questa svolta fu radicale: i testi di Pasquale Panella sembravano oscure a molti, mentre la musica sembrava aver perso la sua immediatezza. I suoni elettronici dei sintetizzatori e delle drum machine dominavano le composizioni, e la voce di Battisti cantava versi enigmatici, apparentemente senza un filo logico.

Tuttavia, la realtà era diversa: le liriche erano intrise di significati stratificati, con riferimenti sia eruditi che popolari, giochi di parole intelligenti e sofisticati. La musica stessa era ricca di temi melodici incantevoli e memorabili. Le melodie di Battisti non erano mai state banali, ma durante la sua collaborazione con Mogol, erano più immediate e cristalline. Con gli album “bianchi,” Battisti chiedeva di andare oltre l’ascolto superficiale, richiedeva concentrazione in cambio di una profonda gratificazione che non poteva essere ottenuta con la musica popolare italiana tradizionale.

Il fascino di questi album risiedeva proprio nelle loro esplorazioni musicali e poetiche elusive, che richiamavano costantemente qualcosa di familiare, ma sfuggivano sempre a una piena comprensione.

Forse, dietro a questa sperimentazione, c’era anche un intento filosofico, come suggerito dal riferimento al filosofo tedesco Hegel nell’ultimo degli album “bianchi.” Le liriche esploravano l’umanità giocando con le emozioni, ma lasciavano intravedere una porta aperta alla metafisica, suggerendo l’insondabilità dell’animo umano. In alternativa, le parole del pensiero filosofico diventavano un pretesto per affrontare tematiche diverse, talvolta anche banali. Tutto ciò avveniva mentre la scelta di suoni freddi e il ritmo infallibile delle drum machine sembravano trasportare le storie d’amore e i sentimenti nell’era della tecnologia, dimostrando che nonostante l’apparente alienazione, l’umanità continuava a evolversi e ad adattarsi. Questo discorso profondo era condito dalla leggerezza delle acrobazie linguistiche che caratterizzavano lo stile di Pasquale Panella.

Questo audace tentativo di non cedere alla nostalgia, ma di vivere appieno il presente e anticipare il futuro, unito al puro piacere dell’ascolto, è ciò che emerge dai lavori più maturi di Lucio Battisti. Il cantautore ha liberato la canzone pop dalla sua gabbia convenzionale, dimostrando che la storia non solo prosegue, ma richiede anche una continua interpretazione e innovazione.

È una lezione che vale per tutti noi, ma che sembra particolarmente urgente per i suoi compatrioti, che troppo spesso si aggrappano alla nostalgia e alla ripetizione anziché abbracciare il nuovo. Queste vie facili, sebbene portino apparentemente al successo a breve termine, conducono inevitabilmente al fallimento a lungo termine.

Totalmente giocata invece sull’equivoco linguistico la canzone
“Equivoci amici”, sempre tratta dall’album “Don Giovanni”.
Tanto per segnalare 
i giochi di parole più scoperti:

andare saldato =
dovere essere saldato
andare soldato = 
partire militare

vivere all’estro = 
vivere nella fantasia
vivere all’estero = 
vivere oltre confine

spaesarsi =
perdere l’orientamento
sposarsi = 
prendere moglie

mettere plancia = 
linguaggio dei marinai
mettere pancia = 
ingrassare

fare calzoni = 
fare dei pantaloni

fare canzoni = 
scrivere canzoni

i risvolti (dei pantaloni)
i risvolti umani (delle canzoni)

La verità viene a galla = 
viene fuori
La verità viene a palla = 
al momento giusto?