Cassiodoro Vicinetti
Olindo Brodi, Ugo Strappi
Sofio Bulino, Armando Pende
Andriei Francisco Poimò

Tristo Fato, Quinto Grado
Erminio Pasta, Pio Semi
Ottone Testa, Salvo Croce
Facoffi Borza, Aldo Ponche (o Punch)
Uno andò saldato
Uno vive all’estro
Uno s’è spaesato
Uno ha messo plancia
E fa il trans-aitante
Uno fa le more
Uno sta invecchiando
Perché è
Un nobile scotch

Uno fa calzoni
Dai risvolti umani
Uno ha un solo naso
Uno ha mani e polsi
Uno è su due piedi
Uno è calvo a onde
Uno si nasconde
Poi non sa
In che vano sta
Un viso ucciso dal pensiero
Un tal con voce da uccelliera
Un sostituto a sua insaputa
E un misto storie e geografie

Uno per uno li ricorda,
L’orchestra mentre si accorda
La verità viene sempre a palla
Dolce chi era sei tu

Il maestro solitario
Fischietta ariette d’oblio
(Sei tu)

I dimenticati
Ce li ha tutti in testa
Gli altri sono entrati
Chi da sé
Chi dalla finestra

C’è il direttore, l’orchestra c’è
Apparecchiati sul buffè
Son mantecati
I dimenticati

Se il pasticcino ha un senino in se
Del maraschino effetto è
Uno nel rinfresco
Pensa “È peggio se esco”

Un altro, un altro deglutisce
Volentieri gradisce
Non si capisce chi mangi chi
Non gli rincresce
“Grazie sì, grazie sì”

All’apice della sua popolarità, Lucio Battisti prese una decisione audace: abbracciare il nuovo, esplorare territori musicali inesplorati e spingersi oltre i confini della canzone tradizionale. Senza preoccuparsi del disorientamento del pubblico o dello stupore della critica, Battisti ci regalò cinque album letteralmente rivoluzionari tra il 1986 e il 1994: “Don Giovanni,” “L’apparenza,” “La sposa occidentale,” “Cosa succederà alla ragazza,” e “Hegel.”

Questa svolta fu radicale: i testi di Pasquale Panella sembravano oscure a molti, mentre la musica sembrava aver perso la sua immediatezza. I suoni elettronici dei sintetizzatori e delle drum machine dominavano le composizioni, e la voce di Battisti cantava versi enigmatici, apparentemente senza un filo logico.

Tuttavia, la realtà era diversa: le liriche erano intrise di significati stratificati, con riferimenti sia eruditi che popolari, giochi di parole intelligenti e sofisticati. La musica stessa era ricca di temi melodici incantevoli e memorabili. Le melodie di Battisti non erano mai state banali, ma durante la sua collaborazione con Mogol, erano più immediate e cristalline. Con gli album “bianchi,” Battisti chiedeva di andare oltre l’ascolto superficiale, richiedeva concentrazione in cambio di una profonda gratificazione che non poteva essere ottenuta con la musica popolare italiana tradizionale.

Il fascino di questi album risiedeva proprio nelle loro esplorazioni musicali e poetiche elusive, che richiamavano costantemente qualcosa di familiare, ma sfuggivano sempre a una piena comprensione.

Forse, dietro a questa sperimentazione, c’era anche un intento filosofico, come suggerito dal riferimento al filosofo tedesco Hegel nell’ultimo degli album “bianchi.” Le liriche esploravano l’umanità giocando con le emozioni, ma lasciavano intravedere una porta aperta alla metafisica, suggerendo l’insondabilità dell’animo umano. In alternativa, le parole del pensiero filosofico diventavano un pretesto per affrontare tematiche diverse, talvolta anche banali. Tutto ciò avveniva mentre la scelta di suoni freddi e il ritmo infallibile delle drum machine sembravano trasportare le storie d’amore e i sentimenti nell’era della tecnologia, dimostrando che nonostante l’apparente alienazione, l’umanità continuava a evolversi e ad adattarsi. Questo discorso profondo era condito dalla leggerezza delle acrobazie linguistiche che caratterizzavano lo stile di Pasquale Panella.

Questo audace tentativo di non cedere alla nostalgia, ma di vivere appieno il presente e anticipare il futuro, unito al puro piacere dell’ascolto, è ciò che emerge dai lavori più maturi di Lucio Battisti. Il cantautore ha liberato la canzone pop dalla sua gabbia convenzionale, dimostrando che la storia non solo prosegue, ma richiede anche una continua interpretazione e innovazione.

È una lezione che vale per tutti noi, ma che sembra particolarmente urgente per i suoi compatrioti, che troppo spesso si aggrappano alla nostalgia e alla ripetizione anziché abbracciare il nuovo. Queste vie facili, sebbene portino apparentemente al successo a breve termine, conducono inevitabilmente al fallimento a lungo termine.

Totalmente giocata invece sull’equivoco linguistico la canzone
“Equivoci amici”, sempre tratta dall’album “Don Giovanni”.
Tanto per segnalare 
i giochi di parole più scoperti:

andare saldato =
dovere essere saldato
andare soldato = 
partire militare

vivere all’estro = 
vivere nella fantasia
vivere all’estero = 
vivere oltre confine

spaesarsi =
perdere l’orientamento
sposarsi = 
prendere moglie

mettere plancia = 
linguaggio dei marinai
mettere pancia = 
ingrassare

fare calzoni = 
fare dei pantaloni

fare canzoni = 
scrivere canzoni

i risvolti (dei pantaloni)
i risvolti umani (delle canzoni)

La verità viene a galla = 
viene fuori
La verità viene a palla = 
al momento giusto?