TRUMP NO LIMITS

C’è un limite che la politica dovrebbe riconoscere e non oltrepassare mai, quello del dolore umano. Donald Trump, ancora una volta, ha scelto di superarlo, trasformando una tragedia familiare indicibile, un figlio che uccide madre e padre, in un’occasione per colpire un suo oppositore politico, il regista Rob Reiner.

Rob Reiner non era soltanto un avversario ideologico, era un uomo, un artista, una voce critica che aveva denunciato con lucidità i pericoli del trumpismo. Davanti a una morte violenta e a un dramma che lascia senza fiato, ci si aspetterebbe silenzio, rispetto, umanità. Trump ha scelto invece di approfittarne, di pisciare sulla tomba di un oppositore politico nel momento più indegno possibile, definendolo pericoloso per gli Stati Uniti mentre il dolore era ancora aperto, vivo, insopportabile.

Non una parola di cordoglio, non un gesto di pietà, non il minimo rispetto per una famiglia distrutta. Solo fango, solo veleno, solo propaganda. Parlare in quel modo davanti a una tragedia simile non è cinismo, è disumanità allo stato puro. È usare il lutto come arma, è trasformare la morte in materiale di scontro, è ridurre la politica a una pratica di sciacallaggio morale.

Accusare Rob Reiner di essere un pericolo per l’America in quel contesto è un atto osceno, perché ribalta la realtà. Il vero pericolo non è chi critica il potere, ma chi usa il potere per calpestare ogni limite etico. Trump continua a indicare nemici immaginari, mentre è lui a rappresentare una minaccia concreta per democrazie già fragili, che scricchiolano sotto il peso delle sue sparate quotidiane, dei dazi usati come slogan, dell’economia trattata come un gioco di forza, della diplomazia ridotta a rissa permanente.

Non è pericoloso perché urla, è pericoloso perché abitua. Abitua all’idea che si possa infierire su un morto, abitua a pensare che il dolore altrui sia un’occasione comunicativa, abitua a un linguaggio disumano che diventa norma. È così che la brutalità smette di scandalizzare e inizia a governare.

Le democrazie non crollano solo sotto i colpi dei regimi autoritari, ma quando smarriscono il senso del limite, quando chi guida il potere perde ogni pudore e trascina con sé il linguaggio pubblico. Qui non è in gioco soltanto Rob Reiner, non è una questione di schieramenti, è una questione di civiltà.

Un leader che non sa fermarsi davanti alla morte, davanti a una madre e a un padre uccisi dal proprio figlio, è un leader che non conosce confini. E un potere senza confini morali è, questo sì, il vero pericolo per le democrazie mondiali.

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