Aylan è  vivo, dentro tantissima gente, dentro di me sicuramente. La sua immagine, su quella spiaggia dove il mare lo ha restituito, la porterò con me per sempre.
Certo, questo non riporterà Aylan in vita, ma a molti darà ancora più energia nella lotta contro il razzismo, l’intolleranza, la strumentalizzazione per scopi elettorali del fenomeno migratorio.
Prima eri un clandestino, extracomunitario, immigrato,  hanno dovuto vederti morire per capire che eri solo un bambino.
Non potevi  sapere dei traffici di vite umane, dei desideri, quasi sempre disillusi, lasciati in una stiva, che  ripartorisce gli uomini ogni volta. Tu non sei rinato, non ce l hai fatta, ma sei vivo, più forte che mai, diventerai un simbolo, il simbolo di chi arriva e  di chi accoglie, e di un sentimento oramai sopito, la pietas, quel rapporto affettuoso e doveroso che un tempo univa gli uomini, e che i Romani elevarono al rango di divinità. Anche per questo sei vivo, sei li a testimoniare, grande come la statua della libertà, che in quelle stive, nei centri di accoglienza, nel contatto con le forze di polizia ci sono delle persone, che vanno rispettate, anche prima che muoiano.

feliceiovino