Quando si parla di “Ice” , “Shaboo”“Shabu” (termine in uso nelle Filippine), “Blue sky” (dalla serie TV Breaking Bad ) o “Crystal meth” ci si riferisce alla forma più pura della metanfetamina., Si tratta di cristalli solitamente limpidi di D-metanfetamina cloridrato (si ottiene la forma D solo se viene ottenuta per riduzione dell’efedrina con iodio e ipofosfito ( metodo amatoriale).
Se viene ottenuta per aminazione riduttiva del fenil-2-propanone – metodo industriale – si ottiene il racemo.
Spesso viene fumata o iniettata con effetti di gran lunga superiori alle altre vie di assunzione.
L’effetto molto lungo (6-12 ore) è una delle caratteristiche principali di questo tipo di sostanze che le differenziano dalla cocaina.

Effetti a breve termine

La metanfetamina è un potente stimolante e riduce l’appetito, aumentando invece la capacità di rimanere svegli. La sensazione è più breve e intensa se viene iniettata o fumata, mentre è più lunga e meno intensa se inalata o ingerita. Ciò è dovuto al rilascio di notevoli quantità di dopamina nelle aree del cervello che regolano la sensazione di piacere.

Effetti a lungo termine

L’utilizzo a lungo termine di metanfetamina provoca innanzitutto dipendenza. Oltre a questo si può riscontrare in soggetti che utilizzano abitualmente questa sostanza la manifestazione di sintomi come comportamenti violenti, ansiaconfusioneinsonniaparanoia e disturbi della personalità. Nel giro di alcuni mesi l’uso abituale di questa droga provoca effetti irreversibili sulle cellule cerebrali, soprattutto quelle produttrici di dopamina, che vengono danneggiate gravemente[1]. L’abuso di sostanze stupefacenti come la metanfetamina è spesso accompagnato a scarsa igiene e questo può portare a perdita dei denti e dei capelli, occhiaie, e assottigliamento della pelle.


Nella prima puntata di Toxicity vi parliamo della shaboo, la droga più potente sul mercato, che comincia a diffondersi anche in Italia. Ne abbiamo parlato con chi l’ha provata e con chi ancora ne è schiavo, registrando le loro sensazioni e gli effetti devastanti della shaboo sulle loro vite. Un servizio di Pablo Trincia.

I bambini di Nairobi ridotti in zombie dalla droga dei poveri

Fuori dalla droga, dopo “Zombie di Nairobi” Steve ha cambiato vita 

Nel marzo del 2016 i reporter Pablo Trincia e Sacha Biazzo sono volati in Kenya per realizzare “Zombie di Nairobi”, un documentario per il sito Fanpage.it su due devastanti droghe di strada: la colla e il carburante per aerei. Nel giro di poche settimane il documentario è diventato virale in tutto il mondo, con 5 milioni di visualizzazioni e decine di migliaia di condivisioni sui social network. Durante riprese, gli autori hanno conosciuto Steve, un ragazzino che a soli 11 anni inalava carburante per aerei tutti i giorni. Con l’aiuto dell’organizzazione Amani for Africa Steve è stato ospitato presso il centro Ndugu Mdogo di Nairobi, dov’è tornato a scuola e ha cominciato una nuova vita lontano dalle droghe. Nove mesi dopo quell’incontro, Steve ha voluto mandare un video gli autori.

La droga di Hitler sta invadendo di nuovo l’Europa 

Nella terza puntata di Toxicity vi portiamo nel cuore dell’Europa dove si è abbattuta una nuova ondata di metanfetamina. Era già successo in pieno regime nazista, quando gli ufficiali del Reich scoprirono che il Pervitin era una droga formidabile per caricare a mille i militari nazisti. Oggi la droga è tornata. Ma stavolta arriva dalla Repubblica Ceca. Qui la droga viene spacciata nei mercati gestiti dalla mafia vietnamita, oppure viene preparata a casa. Cucinarla, infatti, è molto facile. Condotto da Pablo Trincia.

Shaboo è un libro di

Gianluca Ferraris

Gianluca Ferraris, giornalista, ha trentaquattro anni. Genovese di nascita, vive a Milano, dove lavora per «Panorama» e «Panorama Economy» occupandosi di attualità, cronaca, sanità, economia.Con Ilaria Molinari ha pubblicato il libro-inchiesta Le cellule della speranza (Milano 2011). Gioco sporco è il suo primo romanzo. Se c’è una cosa che gli dispiace, è che quasi nulla di ciò che racconta sia opera della sua fantasia.

Subito dopo la sentenza visibilmente commosso un carabiniere ha fatto il baciamano a Ilaria Cucchi.”L’ho fatto perché finalmente dopo tutti questi anni è stata fatta giustizia”, dice il militare mentre accompagna i genitori di Stefano Cucchi, anche loro commossi, fuori dall’aula di Rebibbia dove si è celebrato il processo. .Video di Francesco Giovannetti

Santino Di Matteo è il primo pentito di mafia ad aver raccontato la strage di Capaci.  Per metterlo a tacere, Totò Riina e Giovanni Brusca sciolsero nell’acido suo figlio Giuseppe.  Dopo 23 anni di carcere, la Corte di Cassazione ha negato i domiciliari per Brusca nonostante il parere favorevole della Procura Antimafia.  «Io e Brusca abbiamo ucciso assieme – racconta Di Matteo a Sandro Ruotolo -. Poi lui ha sequestrato mio figlio Giuseppe perché non voleva parlassi».  «Dopo il pentimento di Brusca – continua Di Matteo – incontrai la moglie con il figlio e bloccai l’altro mio figlio, Nicola, che voleva vendicarsi».  «Io ho sempre chiesto perdono alle mie vittime, ma da Brusca il perdono non lo accetterò mai – afferma ancora Di Matteo – e non credo minimamente al suo pentimento».

Nelle stragi di mafia del 1992 persero la vita 21 persone, tra cui i giudici Falcone e Borsellino. Il 14 dicembre del 1993, in una conversazione tra il pentito della strage di Capaci Santino Di Matteo e sua moglie, si parla di infiltrati della polizia nella preparazione della strage di via D’Amelio. Attraverso la voce del pentito Santino Di Matteo, del commissario Rino Germanà e di Maurizio Costanzo, entrambi vittime di attentati falliti, dell’avvocato Rosalba di Gregorio, difensore di Bernardo Provenzano e altri boss, e di TIna Montinari, vedova del caposcorta di Falcone, ricostruiamo 25 anni di depistaggi e punti oscuri che hanno ostacolato la ricerca della verità.

“Milano carabinieri e polizia che ti guardano severi, chiudi gli occhi e voli via”, cantava un tempo Lucio Dalla.

A Napoli invece, ci si puo permettere il lusso di entrare in un quartiere su motorini e sparare  all’impazzata a scopo dimostrativo, per il solo gusto di farlo e per attestare il proprio dominio su un territorio. No, non siamo a Milano, ma forse non siamo nemmeno in Italia. Siamo forse in Colombia, Bolivia, dove forse è meglio non chiamarla la polizia.
Il fenomeno potrebbe essere scongiurato, con una presenza massiva, con marcamento a zona delle numerosissime forze di polizia parallele che operano sul territorio, l’utilizzo delle nuove tecnologie, insomma non è possibile che si possa dare delle dimostrazioni continue alla gente e allo Stato restando impuniti.  Genny Cesarano, colpito da un proiettile vagante, con 18 bossoli intorno, rione traiano centinaia di bossoli sull’asfalto, un bambino colpito di rimbalzo a Marano da un azione dimostrativa, che i delinquenti chiamano ironicamente “la stesa”, perchè quando arrivano con i motorini ed il Kalasnikov, tutti si stendono a terra per la paura di essere colpiti.
E la cosa più nociva non è il raid armi in pugno, ma il terrore psicologico, la sensazione di sudditanza, l’ostentazione di onnipotenza che questi delinquenti spargono sul territorio. Ci vorrebbe una risposta dello Stato altrettanto plateale, con tanto di “stesa” con la faccia sull’asfalto dei delinquenti, nella stessa piazza, fatta con una giustificata violenza da parte delle forze dell’ordine, insomma una figura di merda che dissuada altri stupidi a compiere azioni analoghe, facendo crollare il mito dell’eroe imprendibile a queste persone.
Eh già… se fosse cosi semplice non si chiamerebbe camorra, ma semplicemente “criminalità”. Sta di fatto che a questo punto dovremmo procurarci tutti un mitra e sperare nella legittima difesa, o per morire almeno in combattimento e non come un povero imbecille che  si è sentito protetto dalle forze dell’ordine,  attente al tuo tagliando dell’assicurazione, che costa 7 volte la cifra che pagheresti a Milano.
Il bello è che quando resti sull’asfalto con un proiettile in testa  (se non abiti in collina) si va ad indagare sulla tua vita, e pure se ha una multa non pagata, diventi un morto di serie B, un regolamento di conti, liquidato con un bel “lasciamoli ammazzare tra loro”, nella più totale indifferenza. Questa scia di sangue va fermata, chi uccide deve scontare un ergastolo, anche quando il bersaglio è il piu feroce dei killer.
Ieri sera l’ennesimo episodio di arroganza, uno sputo in faccia alle istituzioni: un esecuzione ad Acerra alle 21  tra la folla. Vittima un 57enne, Adalberto Caruso, freddato su una panchina di piazza San Pietro con un solo colpo alla testa. Ovviamente nessuno ha visto niente.