1) La Prima Repubblica
C’era una volta il PCI e c’era una volta anche una rete sul territorio, attenta, solidale. C’era una volta il pudore, il buon senso la misura, la solidarietà, l’unità e una visione del mondo, forse. C’erano le classi sociali, i ricchi e i poveri, i padroni e gli operai, l’industria e i lavoratori, capitalismo e Comunismo.
Quello Italiano era un comunismo annacquato, tra una base NATO e l’altra, disseminate sul territorio, a ricordare che eravamo stati liberati e che il prezzo da pagare era una fetta di sovranità territoriale e una certa ingerenza nelle cose politiche interne da parte dei liberatori. Forse anche per questo nessuno poteva pensare seriamente ad una vera “rivoluzione comunista”.
Quella “società egualitaria caratterizzata dall’abolizione delle classi sociali, della proprietà privata dei mezzi di produzione, dalla completa emancipazione di tutti i cittadini, dalla partecipazione del popolo al governo e, progressivamente, dall’estinzione dello Stato” era solo un sogno lontanissimo, nessuno credeva davvero che potesse mai realizzarsi, e se vogliamo dircela tutta, i vertici del partito comunista italiano non ne aveva nessun interesse, sapevano perfettamente cosa succedeva già oltre l’Adriatico.
Così in quei decenni la sinistra Italiana ha imparato a starsene all’opposizione.
Un opposizione praticamente inesistente e inconsistente, perché aveva addosso il marchio di un ideologia che Stalin e soci avevano trasformato in una delle peggiori dittature mai viste sul pianeta.
Così il PCI non è stato mai al governo. La Democrazia Cristiana per raggiungere il numero per governare era sempre costretta a fare accordi con gli “aghi della bilancia” che facevano ben valere i loro miseri risultati elettorali. a volte hanno dovuto consegnare le chiavi di Palazzo Chigi a segretari di partito che a stento erano arrivati al 3%. (Governo Spadolini 1981). Inutile dire che le crisi di governo e lo scioglimento delle Camere erano all’ordine del giorno.
Nei partiti di governo non sono mai entrati ne il PCI ne il MSI.
Così i progressisti italiani sono stati rappresentati per 40 anni dal Partito Comunista, un utopia che li ha sempre tagliati fuori da qualsiasi dialogo nel Parlamento e nei Governi.
E così i progressisti italiani potevano solo gridare “addavenì Baffone”, sognando l’arrivo di Stalin in Italia a liberarli dagli infiniti soprusi e ladrocini di cui era capace la Democrazia Cristiana.
E’ da ricordare come l’élite fascista, in mancanza di un vero regolamento di conti, cosa avvenuta invece in Germania con i nazisti, si sia completamente riversata nel nuovo soggetto politico, sotto le ali protettrici della Chiesa, anch’essa terrorizzata da uno sviluppo Comunista in Italia.
Insomma alla fine le oligarchie fasciste, tranne casi eclatanti di giustizia sommaria per crimini odiosi contro l’umanità, erano state lasciate li, esattamente dov’erano durante il ventennio, per garantire ai liberatori che non si affermasse l’ideologia comunista. In molti casi i siciliani sono stati rappresentati direttamente da boss, mafiosi e fascisti.
Ed è in questo scenario che i “conservatori italiani” hanno sempre vinto le elezioni. I progressisti avevano puntato su un soggetto rivoluzionario più che su un partito di governo.
Per questo, NATO e CIA cominciarono a sponsorizzare reti segrete (spesso paramilitari) nei paesi occidentali: formate da persone della società civile e militare ritenute affidabili, queste organizzazioni si basavano su valori quali l’anticomunismo e l’atlantismo. In Italia, la più famosa, è stata l’operazione Gladio.